Cose non dette

I mercati se ne fregano della certezza che oggi l’Italia avrà un nuovo governo. Mario Monti sta per insediare la sua squadra: gente per bene, ma attenzione a non farsi abbindolare

I mercati se ne fregano della certezza che oggi l’Italia avrà un nuovo governo. Mario Monti sta per insediare la sua squadra, gente per bene e rispettabile che arriva da quegli ambienti dove è stata prima covata e poi sfornata la crisi economica e finanziaria che ci ha messo in ginocchio. Sono tutte persone che rispettano lo stile Monti, come lo chiamano in contrapposizione alla simpatica disinvoltura di Berlusconi. Parlano almeno quattro lingue, non danno scandalo, non raccontano barzellette. Ma fanno gli affari loro che in confronto Berlusconi è un dilettante allo sbaraglio. Attenzione a non farsi abbindolare, qui non è questione di forma, i nostri risparmi sono la sostanza della vita. Eppure persino il Pdl deve sottostare all’ossequio generale e tacere la verità. Che è semplice. Il mondo che Mario Monti e i suoi compagni rappresentano è il colpevole numero uno del disastro economico, altro che il berlusconismo. In salotti ovattati, nei consigli di amministrazione di banche e multinazionali questi signori hanno prima lasciato fare (o fatto) e poi taciuto sulle porcherie della finanza.
La casta della politica è quello che è, lo sappiamo. Quella degli economisti e dei finanzieri è diversa ma non da meno. Controlla i grandi giornali, seduce, ammalia e il conto delle sue scorrerie lo fanno pagare sempre a noi, come ben sa chi ha a che fare con le banche. Per questo non ci uniamo agli osanna per l’arrivo di Mario Monti. Non è il salvatore della patria, al massimo è il rappresentante di quel mondo di piromani che ci hanno appiccato il fuoco in casa e, essendo esperto di incendi, potrebbe anche trovare il modo di spegnerlo. Lo vedremo all’opera nelle prossime ore.

Anche se restiamo convinti che la via maestra fosse quella delle elezioni. Ma la classe politica italiana dopo aver abdicato alla magistratura ora cala le braghe anche di fronte alla finanza internazionale. C’è da sperare, ma non c’è niente da festeggiare.

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