Cossiga e la scorta post mortem

Due carabinieri pattugliano 24 ore su 24 l’abitazione romana del presidente defunto. L’Arma: "Solo tempi tecnici". Ma c’è chi sospetta siano lì per proteggere l'"archivio"

Cossiga e la scorta post mortem

Roma - Sono ormai tre settimane che il civico 77 di via Ennio Quirino Visconti è orfano del suo più eccellente inquilino, Francesco Cossiga. Ma la scomparsa del presidente emerito, che ormai risale allo scorso 17 agosto, non ha cambiato di una virgola la coreografia della strada, nel quartiere Prati, a Roma. Soprattutto, non ha eliminato la pattuglia dell’Arma che, da sempre, presidiava (e presidia, appunto) il portone dell’ex capo dello Stato. «Spiando» con street view, il servizio di Google map che permette di esplorare le città a livello stradale, la macchina è lì: una Fiat Bravo con livrea dei carabinieri che sosta di traverso sul marciapiede di fronte alla casa romana del Picconatore. Uno scatto, oggi, restituirebbe praticamente la stessa immagine. Ma perché?

Siamo di fronte a una troppo zelante applicazione del motto dei Carabinieri, nei secoli fedeli? No, ufficialmente la sospensione della scorta è già stata comunicata, spiega Il Messaggero citando fonti del comando provinciale dell’Arma di Roma, «ma in questi casi il servizio di vigilanza continua anche se il termine è già stato fissato».
Considerato che di solito le polemiche sulle scorte si scatenano quando vengono negate, spesso lamentando carenze di mezzi e d’organico, suona strano che il «termine» di una scorta a un personaggio delle istituzioni non coincida, naturalmente, con la dipartita dello scortato in questione. Eppure, nel caso di Cossiga, non è così: la sua scorta, quella che ai funerali sassaresi dell’ex presidente aveva pure mandato un cuscino di fiori, gli è sopravvissuta. Continuando a svolgere il proprio servizio come se nulla fosse accaduto. Due uomini per turno nell’automobile di servizio parcheggiata sotto il portone, per un presidio di ventiquattro ore al giorno. Che suscita lo stupore - e in qualche caso l’irritazione - di coinquilini e vicini, puntualmente raccolto dal Messaggero, che registra anche, in controtendenza, la soddisfazione di qualcuno per quel presidio delle forze dell’ordine che di questi tempi non fa mai male.

Qualcuno ironizza parlando dell’ultimo «mistero» di Cossiga. Ma i misteri, semmai, sono proprio quelli che i carabinieri ancora fermi sotto casa dell’ex presidente dovrebbero tutelare. Non uno slancio sentimentale dei militari tanto cari al defunto politico, dunque, né un gap burocratico che prolunga a oltranza un servizio ormai inutile. In molti ipotizzano che la scorta lì sotto faccia ancora un lavoro più che sensato. Proteggendo l’archivio e le carte del presidente emerito, ancora ospiti nella casa ormai vuota. I presunti «segreti» dell’ex capo dello Stato, insomma, quelli che avrebbero raccontato retroscena non meglio specificati di tante pagine nere della prima repubblica, e che Cossiga non ha mai rivelato, sarebbero il «bene» da scortare.
L’ipotesi di un presidio armato per gli eventuali scheletri nell’armadio rischia di suonare allettante soprattutto per i complottisti. Non è campato in aria immaginare che in tanti sarebbero curiosi di scartabellare tra i fascicoli e le carte raccolte in anni e anni da un politico longevo e di primo piano come l’ex Picconatore. Però da questo a pensare che serva una scorta armata per tutelare i dossier cossighiani da occhi e mani indiscrete ce ne passa.

Presto il figlio di Francesco, Giuseppe Cossiga, sottosegretario alla Giustizia, dovrebbe

riaprire quella casa. L’archivio, e ciò che contiene, troverà probabilmente una nuova dimora. E gli angeli custodi del «Gattosardo» che non c’è più potranno finalmente togliere le tende da via Visconti e tornare al lavoro.

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