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Costa d'Avorio, l'altra guerra della Francia Gbagbo si arrende e chiede protezione all'Onu

Il capo di Stato, sconfitto alle ultime elezioni, si è arreso e ha chiesto protezione all'Onu. I forti interessi della Francia nell'ex colonia africana. Il presidente "uscente" Gbagbo asserragliato nel bunker tratta la resa. GUARDA LE FOTO

Costa d'Avorio, l'altra guerra della Francia
 
Gbagbo si arrende e chiede protezione all'Onu

Alla fine, dopo un lungo asserragliamento, Gbagbo si è arreso. Oltre a quello libico c’è un altro fronte in cui la Francia è fortemente impegnata: è quello della Costa d’Avorio. Ban Ki Moon ha confermato che i caschi blu dell’Onu, sostenuti dalle forze francesi, lunedì sono intervenuti con gli elicotteri contro le armi pesanti usate dalle forze del presidente “uscente” Laurent Gbagbo ad Abidjan, capitale commerciale della Costa d’Avorio. Un intervento a difesa dei civili, ha tenuto a precisare il segretario generale delle Nazioni Unite. Alcuni missili sono stati lanciati verso le roccaforti di Gbagbo, il leader sconfitto il 28 novembre scorso alle elezioni ma che da mesi si rifiutava di passare la mano. La dura risposta dell’Onu è arrivata dopo il ferimento, nei giorni scorsi, di undici caschi blu.

Intanto la situazione in Costa d’Avorio si fa di giorno in giorno sempre più drammatica. Specie per i civili, come racconta all’agenzia cattolica Misna padre Dario Dozio, superiore provinciale della Società Missione Africane ad Abidjan. Il cibo scarseggia (i prezzi sono decuplicati), si spara per strada - i due fronti hanno armato anche i detenuti di alcune carceri -, l’informazione di radio e tv ormai è solo propaganda a favore dell’una e dell’altra parte. Cerchiamo di capire meglio cosa c’è dietro questa sanguinosa guerra, punto di arrivo di un conflitto strisciante che si protrae da un decennio.

La controversia elettorale Rinviate più di una volta (sei dal 2005), finalmente le elezioni presidenziali si sono tenute il 31 ottobre 2010. Al primo turno Gbagbo (professorio universitario di storia e filosofia) ha ottenuto il 38% delle preferenze; al suo sfidante, Alassane Dramane Ouattara, sono andati il 32% dei voti. I problemi sono iniziati con il ballottaggio. Outtara si è imposto con il 54,1% dei voti. Gbagbo però non ha riconosciuto il risultato e, attraverso la Corte costituzionale, ha ottenuto l’annullamento di un numero notevole di schede. Il paradosso è che entrambi gli sfidanti si sono autoproclamati vincitori, giurando e dando vita a due diversi esecutivi. Per la comunità internazionale, Nazioni Unite in testa, il vincitore legittimo è Gbagbo. Non ha portato alcun risultato la mediazione dell’Unione africana. Gbagbo ha continuato a proclamarsi regolarmente eletto respingendo ogni intromissione straniera come indebita. Nonostante l’Onu, gli osservatori elettorali e la comunità internazionale concordino nel ritenere Outtara il vincitore delle elezioni, permangono ancora molti dubbi su quanto è accaduto. Tralasciando il fatto che Outtara è cittadino del Burkina Faso (proprio per tale motivo non potè partecipare alle precedenti elezioni, poi gli è stata concessa la cittadinanza ivoriana) e che gode del robusto sostegno economico francese e statunitense, le elezioni del 2010 si sono tenute con un paese che, nelle zone settentrionali, era ancora occupato da mercenari armati provenienti da paesi stranieri. Inoltre i documenti per poter votare sono stati consegnati a poco più di cinque milioni di persone, su una popolazione di 21 milioni. Paradossalmente non si sono potuti recare alle urne - perché privi delle carte necessarie - molti prefetti e funzionari di Stato ed alcuni esponenti politici. Difficile non tenere conto di queste “stranezze”, che pure la comunità internazionale non ha voluto prendere in considerazione pur di sbarazzarsi di Gbagbo.

Un’economia prospera Con poco più di ventuno milioni di abitanti (45,4% cristiani, 38,6% musulmani, 11% culti animasti indigeni) la Costa d’Avorio è uno degli stati africani più prosperi, anche se la sua struttura economica è abbastanza fragile, perché basata quasi tutta sull’esportazione delle materie prime. Leader mondiale nella produzione di cacao (ma forte anche in quella di caffè e semi di olio di palma), il Paese è ricco di petrolio ed ha un’indubbia posizione strategica come “corridoio sul mare” per altri paesi in cui si estrae l’uranio. A livello politico-istituzionale la Costa d’Avorio ha un sistema multipartitico moderno e democratico, sicuramente molto avanzato rispetto a molti altri stati africani. La Costituzione è basata sul modello della quinta repubblica francese (sistema semipresidenziale), con poteri di fatto indipendenti: esecutivo, legislativo e ordine giudiziario.

Gli interessi della Francia Ex colonia francese, la Costa d’Avorio ha ottenuto l’indipendenza come molti altri stati africani nel 1960. Una sanguinosa guerra civile ha sconvolto il Paese tra il 2002 e il 2004. Due le fazioni in lotta: quella vicina al presidente Laurent Gbagbo (in carica dal 26 ottobre 2000), e quella guidata da Guillaume Soro, che accusava il primo di essere un dittatore. Per cercare di riportare la calma le Nazioni Unite hanno inviato circa diecimila caschi blu (quasi la metà francesi). Proprio a causa della guerra civile Gbagbo di fatto è rimasto al potere fino al 2010 (il suo mandato scadeva nel 2005). Nonostante l’indipendenza la Francia di fatto ha continuato a trattare la Costa come un proprio “protettorato”, cercando di condizionare ogni scelta politica. Nel corso dei decenni i vari presidenti che si sono succeduti – così come le massime cariche istituzionali – hanno sempre vissuto in funzione della loro “ubbidienza” alla Francia. Parigi, da parte sua, ha sempre agito in modo e maniera da soffocare, nella culla, ogni spinta indipendentista. Nel Paese dell’Africa occidentale subsahariana, però, piano piano è aumentata la coscienza civile della popolazione, arrivando alla svolta del 2000, quando gli ivoriani sono riusciti a eleggere un presidente svincolato da Parigi. La Francia non si è data per vinta e, da allora, ha sempre cercato di destabilizzare il Paese, anche con attacchi diretti, attraverso la propria aviazione.

Ma soprattutto attraverso un durissimo boicottaggio commerciale.

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