Prove di democrazia in carta bollata: il destino di Roberto Cota e Roberto Formigoni è nelle mani dei giudici. In particolare, quelli della Corte costituzionale che il 4 ottobre pianteranno la loro bandierina. E potrebbero anche terremotare il panorama politico italiano. Cota e Formigoni rischiano il posto, come fossero due funzionari pubblici esposti ai colpi di coda del Tar o del Consiglio di Stato. E il risultato uscito dalle urne potrebbe essere ribaltato, come capita talvolta nei concorsi universitari, quando il candidato battuto si prende la rivincita in aula. Non è fiction, ma realtà, perché se la Consulta dovesse dare semaforo verde alla giustizia amministrativa, quindi al Tar o al Consiglio di Stato, allora in tempi rapidi potrebbe arrivare il ribaltone per via amministrativa.
Al posto di Cota tornerebbe Mercedes Bresso, la poltrona di Formigoni andrebbe a quel Filippo Penati che oggi è nella bufera per le tangenti alla Falck e l’ affaire Serravalle. La materia, a colpi di ricorsi e con un continuo palleggio fra magistratura civile e amministrativa, è intricata, e di giudizio in giudizio è diventata una “guerra”fra giudici: l’ultima parola è ora all’Alta corte che potrebbe sigillare con una pietra questo vespaio e mettere fine allo stillicidio dei colpi di scena oppure consegnare i voti dei piemontesi e dei lombardi nelle mani del Tar o del Consiglio di Stato. «È da quando sono stato eletto spiega Roberto Cota al Giornale che ne provano di tutti i colori per farmi fuori. È tutto un susseguirsi di ricorsi e controricorsi senza soluzione di continuità. Ormai ci ho fatto il callo: la mia è stata una vittoria limpida. I piemontesi mi hanno votato e mi hanno votato su una scheda ammessa dal tribunale. Io vado avanti per fare quelle riforme che sono necessarie e per tappare le falle aperte nel bilancio da chi mi ha preceduto».
A innescare la battaglia è stata appunto in Piemonte la presidente uscente Bresso, battuta sul filo di lana per soli 9 mila voti. Un’incollatura che la Bresso ha cercato di recuperare sul piano giudiziario, andando a controllare meticolosamentetutti i passaggi che hanno preceduto le elezioni. Così è saltato fuori che le autentiche di diciassette candidati della lista Pensionati per Cota sarebbero state taroccate. Secondo la Bresso quella lista doveva essere esclusa. E se non fosse stata ammessa Cota avrebbe perso un pacchetto di 27 mila voti. Pochi, ma decisivi per battere la rivale dopo una corsa al cardiopalma. Qualcosa di analogo sarebbe accaduto a Milano dove pure Formigoni aveva vinto senza problemi: centinaia di firme asupporto della lista sarebbero false secondo i radicali che hanno presentato un esposto. Una sola mano si sarebbe esercitata centinaia di volte. Così un interminabile conflitto è diventato una bomba a orologeria che rischia di esplodere sotto la sedia dei due governatori. In un ingorgo di magistrati: può sembrare paradossale ma a Torino come a Milano la Consulta deve stabilire a chi dare la precedenza.
Al Consiglio di Stato o al tribunale civile? Il Consiglio di Stato o il Tar- anche questo non è chiaro - farebbero molto prima e le sentenze arriverebbero entro tempi ragionevoli; c’è però un problema non da poco: la perizia sulla genuinità delle firme spetta alla magistratura civile. Solo che la giustizia civile arranca: tre gradi di giudizio vogliono dire anni e anni. Fuori tempo massimo. A quel punto gli elettori avranno già scelto il successore di Cota e pure quello di Formigoni. Come accelerare? L’unica strada è quella del sorpasso da parte della magistratura amministrativa; ma a slegare le mani del Consiglio di Stato o del Tar può essere solo la Consulta che dovrebbe dichiarare incostituzionale una norma del nuovo processo amministrativo. Quella che dirotta verso il giudizio civile le cause per falso in atto pubblico. I giudici amministrativi hanno accolto la tesi della Bresso e sostengono che i diritti dell’ex governatrice verrebbero sacrificati lasciando le cose come sono.
Ci vuole un cambiamento e un tratto di penna sopra quella norma. Ma l’avvocato Luca Procacci, legale di Cota, risponde per le rime: «Qui c’è un giudice che vuole scavalcare un altro giudice e chiede l’ok ai giudici della Consulta. Sarebbe una grave invasione di campo perché il tema dei tempi della giustizia è appannaggio del Parlamento e non della Corte costituzionale ».
Come si vede, siamo dalle
parti di un rompicapo giudiziario- politico. Così si resta in bilico: due governatori si ritrovano a un terzo del loro mandato con la spada di Damocle della Consulta sulla testa. E due regioni rischiano il caos.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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