C i sono tre aspetti della vicenda «falso in bilancio» dellInter che meritano qualche riflessione e una severa censura. La prima viaggia di conserva con lintervento di Giuseppe Gazzoni Frascara, ex presidente del Bologna, autore della denuncia da cui è partita la maxi-inchiesta. «Non pensavo che Moratti ricorresse a questi artifici, con i soldi che ha a disposizione»: la sua frase è a metà strada tra lingenuità solenne e lironia corrosiva. Sulla fiducia, scegliamo la prima. Lex patron dellIdrolitina, che ha perso nel Bologna calcio una discreta fortuna personale, ha scoperto solo ieri che la pratica delle plusvalenze, prima tollerata e poi messa al bando dal calcio italiano, era diffusa anche in via Durini, a Milano. Via, il dottor Gazzoni merita dufficio il premio Cappuccetto rosso del 2007.
Le prime dichiarazioni di Massimo Moratti, ecco il secondo aspetto singolare della vicenda, non sono il massimo in materia di difesa appuntita del proprio operato. «Mi risulta che ci siano coinvolti anche altri club» la sua osservazione a latere. E con questo? Non valeva forse lammonimento «ognuno guardi in casa sua» riservato a chi si occupava degli affari interisti?
Fanno egualmente sorridere, di gusto, i commenti scandalizzati di chi vorrebbe, per questa inchiesta che deve ancora arrivare a sentenza, cancellare addirittura lInter dalla serie A, bruciarne le insegne, requisirne lo scudetto 07 conquistato sul campo. Siamo seri, per favore. Se fosse provata laccusa, si dimostrerebbe che liscrizione al torneo 2005-2006 era irregolare. Non proprio una cosuccia da niente. E che per ottenerla Moratti avrebbe dovuto rimettere mano al portafoglio, abitudine generosa cui non si è mai sottratto. La conseguenza sarebbe una e una soltanto: chiusura immediata dellufficio per il rilascio di patenti donestà in via Durini.
Ciò che resta incomprensibile è loperato della Covisoc, la commissione della federcalcio incaricata di esaminare i bilanci di serie A e B.
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