«Il fatto che alcune cellule umane siano sviluppate in ambiente animale turba limmagine che abbiamo di noi come uomini: ed è giusto, perché il confine fra avere a che fare con delle cellule o con una vera specie è sottile». Roberto Mordacci insegna Filosofia morale allUniversità vita-salute San Raffaele di Milano ed è esperto di bioetica. È cauto nel valutare le notizie che arrivano dal Regno Unito, non solo perché lautorità britannica per la fertilizzazione e lembriologia non ha dato il via libera ad alcun progetto preciso ma, anche, perché le ricerche di cui si parla sono lontane dal creare vere chimere. «Almeno questo dicono gli scienziati: poi - precisa - che cosa succederà in laboratorio sarà tutto da vedere».
Le novità dalla Gran Bretagna che problemi pongono dal punto di vista etico?
«Gli esperimenti - almeno secondo quanto annunciato - non avrebbero alcun legame con gli embrioni umani: la cellula somatica umana è impiantata in un ovocita di mucca privato del nucleo. Non è la creazione di un embrione ibrido: in teoria queste ricerche servono soltanto a studiare le linee cellulari del Dna umano. Si tratta di cellule ibride, non di organismi e, in questo senso, non fanno paura».
Quando farebbero paura?
«Mi preoccuperei se lobiettivo fosse sviluppare individui ibridi, di una specie inaudita, che incroci uomo e animale. Ma lautorità inglese ha proibito di utilizzare le cellule oltre il quattordicesimo giorno: non si cerca di creare una nuova specie. Non è molto diverso da ciò che avviene nelle ricerche zootecniche, che già ricorrono al Dna umano, seppur non in maniera così massiccia».
La prospettiva però è inquietante.
«Certo, perché queste ricerche toccano una corda fondamentale della nostra sensibilità culturale e sociale. Limmaginario collettivo dellidentità della nostra specie è molto forte, luomo è lunico animale a dire io: è ciò che crea un abisso con gli altri esseri viventi e che ci fa attribuire allumano una dignità eminente. Perciò, anche se si tratta soltanto di cellule, il nostro immaginario è turbato. E giustamente: perché è sottile il confine che porta alla creazione di unaltra specie, che metterebbe in discussione la concezione di noi stessi».
Come ne esce la nostra identità?
«Questi esperimenti stimolano la filosofia a riformulare le domande che da sempre si pone, perché mettono in crisi i temi dellidentità della persona umana, dellidentità antropologica rispetto a quella delle altre specie e, infine, della stessa storia della natura umana e dellevoluzione. La strada intrapresa dalla scienza ci spinge a ripensare ciò che siamo e per cui pretendiamo rispetto: è una sfida non solo filosofica o antropologica ma culturale, perché ormai levoluzione è, almeno in parte, nelle nostre mani. Ed è una responsabilità di cui dobbiamo essere consapevoli».
È pura teoria, ma di che esseri si parlerebbe?
«Sarebbero degli umanoidi creati appositamente per essere distrutti. Avremmo messo al mondo delle chimere umane, senza sapere che tipo di vita le aspetti: una responsabilità enorme.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.