Politica

Crediamoci ancora Solo Berlusconi può toglierci dal pantano

Tanti elettori di centrodestra si sentono traditi dalla manovra di emergenza. Ma con la sinistra la tassazione sarebbe la norma

Crediamoci ancora 
Solo Berlusconi può 
toglierci dal pantano

Io pago ma non ne posso più, dice Marcello Veneziani nell’articolo che leggete oggi, in­terpretando un sentire al quale non è estra­neo in queste ore neppure il popolo di cen­trodestra. Sembra paradossale ma ancora una vol­ta, per quello che ne so, l’umore dell’elettorato coincide con quello del capo costretto in questa occasione a vestire i panni del padre severo. Essen­do tra i primi contribuenti italiani Silvio Berlusco­ni sarà anche in cima alla classifica dei pagatori dell’odiato balzello. La cosa non consola, ma quanto meno dovrebbe mettere a riparo il pre­mier dall’odio riservato ai furbi che ti fregano fa­cendola franca.

Il «non ne posso più» di Berlusconi non è comun­que per i quattrini ma per la presa d’atto di quanto sia difficile, a tratti impossibile, governare questo Paese come si vorrebbe e come si è promesso agli elettori. Colpa di un sistema di regole macchinoso e bizantino pensato quasi settant’anni fa (e mai modificato) su emergenze che non esistono più e di un clima di neo guerra civile permanente per ri­baltare il risultato elettorale.

È ovvio che quando sull’onda di fatti straordina­ri tutti i nodi arrivano contemporaneamente al pettine lo strappo è doloroso. Ma se c’è una accu­sa che non può essere rivolta a Berlusconi è pro­prio quella di non aver visto quei nodi formarsi e aver provato a scioglierli per tempo (se ci fosse riu­scito oggi certamente la medicina sarebbe stata meno amara). Dalla necessità di una riforma fisca­le all’elefantiasi della politica e del pubblico im­piego, dalle liberalizzazioni del mercato del lavo­ro a quelle dell’impresa, i temi fondamentali era­no già tutti nel programma del partito e nell’agen­da del governo. E allora, uno si chiede, come mai non tutte le leggi e riforme sono andate in porto, visto che la maggioranza aveva i numeriper approvarle? Le risposte potrebbero riempire un libro. Prendiamo il piano casa, la legge varata per dare corsie preferenziali ed economicamente agevolate a chi voleva ristrutturare o ingrandire fino al venti per cento la propria abitazione. Bene, questa norma di libertà avrebbe dovuto e potuto ridare fiato al settore dell’edilizia e al mondo artigiano ma è rimasta lettera morta, boicottata per mere questioni di sottopotere da Regioni e Comuni. Altri esempi recenti: i referendum sul no all’energia nucleare e sul no alla privatizzazione della gestione dell’acqua, un vero inganno che ha fatto leva sulle paure (infondate ancorché comprensibili) della gente e che ci costerà decine di miliardi di euro che andrebbero messi sul conto di Di Pietro e Bersani.

L’elenco dei signor no è lungo. A parte l’opposizione, accecata dall’antiberlusconismo, comprende i sindacati, la Corte costituzionale e i tribunali amministrativi ( entrambi hanno potere di ve-to sull’attività legislativa), i ricatti delle lobby di categoria e a volte anche gli alleati (Casini prima e Fini poi non hanno più volte boicottato le iniziative riformatrici del centrodestra?). E poi i riti parlamentari, l’assurdità del doppio passaggio in Camera e Senato per qualsiasi legge (la cui abolizione, decisa da questa maggioranza, fu annullata da un altro referendum).

Per questo, pur scontento anche io, invito i tanti Veneziani di queste ore a «poterne ancora». Perché senza la diga del berlusconismo oggi saremmo sicuramente peggio messi. La leva fiscale, che oggi è una emergenza, sarebbe la regola già da tempo. La liberalizzazione del mercato del lavoro una chimera, i tagli di sei miliardi ai ministeri, di sessantamila addetti della politica, delle Province un sogno; statali e pensionati (nel mirino dell’Europa e dei cosiddetti tecnici pronti a governare) non è detto che l’avrebbero scampata. La patrimoniale, invece, sarebbe una realtà. Su tutto questo Berlusconi ci ha messo la faccia facendosi carico di molte cose che non sono farina del suo sacco (vero presidente Napolitano?). Ieri ha detto che non esclude di candidarsi anche nel 2013. Mi accontenterei resistesse all’assalto di questi giorni e ci pilotasse fuori dal pantano.

Nonostante tutto (e Tremonti) è l’unico che può farlo limitando i danni.

Commenti