Economia

La crisi cambia la mappa dei fondi. Bene i promotori, scatta Mediolanum

Persi 170 miliardi di patrimonio in tre anni. Giù le grandi banche Azimut scala la classifica e il gruppo di Doris ottiene il quarto posto

di Ennio Montagnani

Il nodo del risparmio gestito è ormai giunto al pettine per le banche italiane. Se finora gli istituti di credito hanno potuto contare sulle ricche commissioni dal collocamento dei fondi comuni senza preoccuparsi di programmare e di investire a lungo termine, quest’ultima crisi ha costretto i grandi istituti di credito a prendere decisioni non più rimandabili soprattutto per i grandi colossi italiani che solo fino a pochi anni fa dichiaravano, almeno a parole, di fare forte affidamento sul loro asset management.
Il gruppo Intesa Sanpaolo già dall’anno scorso ha dichiarato l’intenzione di riportare in Borsa Banca Fideuram: se ne saprà di più il prossimo 22 giugno come ha più volte detto l’ad di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera. È invece più recente la mossa di Unicredit che ha comunicato di avere dato mandato all’americana Bofa-Merrill Lynch e, in parallelo, alla sua divisione Corporate and Investment Banking, di verificare tutte le opzioni strategiche (essenzialmente fusione con altri grandi gruppi, ricerca di un partner finanziario o quotazione in Borsa) per la propria società di asset management Pioneer, con l'obiettivo dichiarato di valorizzarla. Per il resto il panorama delle big italiane è piuttosto frammentato. Si attende la decisione sul destino di Arca, la sgr delle banche popolari di Nord Est mentre la società di gestione del gruppo Ubi Banca ha già da anni siglato una joint venture con il colosso Usa Pramerica (dando origine al Ubi Pramerica Sgr). Nel frattempo l’unico gruppo bancario ad essersi mosso nella direzione invocata dal governatore di Banca d’Italia Mario Draghi, e cioè la piena separatezza tra gruppo bancario di controllo e società di gestione, rimane Prima: il solo caso, per ora, di Sgr indipendente italiana nata un anno fa circa dalla cessione delle attività di asset management da parte di un importante istituto di credito, il Monte dei Paschi di Siena.
A proposito di indipendenti, occorre precisare che anche in questo ambito, sebbene persistano importanti opportunità, la loro sopravvivenza sul mercato non è semplice. Il caso più eclatante è quello di Anima, la boutique del risparmio gestito quotata in Piazza Affari, che nel 2009 la Banca Popolare di Milano ha incorporato in Bipiemme gestioni, che ha poi preso il nome di Anima sgr.
Negli ultimi tre anni l’industria dei fondi comuni italiani ha perso 169 miliardi di patrimonio. Tante le cause che hanno concorso a questa emorragia che non sembra ancora del tutto domata come dimostra il saldo di raccolta netta negativa per 3,5 miliardi registrato nell’ultimo mese. Tra le cause, oltre all’impatto della crisi, c’è la spinta degli istituti di credito a collocare obbligazioni bancarie e prodotti strutturati, e la scelta delle agenzie assicurative di vendere polizze sia di tipo index linked sia di tipo classico. La risultante di tutti questi flussi, si ritrova nei numeri del patrimonio netto dell’intero risparmio gestito italiano fotografata da Assogestioni e che include, oltre a fondi comuni e sicav (che vengono considerate gestioni collettive) anche le gestioni patrimoniali, le gestioni previdenziali e le gestioni di prodotti assicurativi (che invece confluiscono nelle cosiddette gestioni di portafoglio): tre anni fa le gestioni collettive pesavano per il 53% del totale contro il 47% delle gestioni di portafoglio mente oggi queste ultime sopravanzano (50,4% a 49,6%) le gestioni collettive.
In tutti i casi, sono due le tendenze inequivocabili che emergono da questa crisi e che, secondo gli esperti del settore, caratterizzeranno anche i prossimi anni: il crescente peso sul mercato dei gestori esteri e il ruolo sempre più determinate svolto dai promotori finanziari. Cominciamo dagli gestori esteri. Tre anni fa il patrimonio complessivo del risparmio gestito in Italia che faceva capo a case d’investimento straniere ammontava a 109,9 miliardi mentre oggi è praticamente raddoppiato (si attesta infatti al di sopra dei 195 miliardi): tenendo conto che la torta complessiva in gestione è diminuita, la loro quota di mercato è più che raddoppiata passando dal 9,3% al 19,6% del totale. Ormai tutti i più grandi nomi del risparmio gestito internazionale sono attivi in Italia e questo è un fatto acquisito che aumenta la concorrenza sul mercato e le scelte a disposizione dei risparmiatori. Scelte che trovano proprio nei promotori finanziari uno dei pilastri. Il promotore è infatti legato non tanto (o soltanto) alla vendita del prodotto quanto alla soluzione più adeguata alle esigenze del cliente. Soltanto se è in grado di ascoltare i suoi bisogni e, soprattutto, di assisterlo negli anni durante le diverse fasi di Borsa, può assicurarsi un rapporto di lungo periodo. In caso di insoddisfazione, i clienti tagliano la corda senza pensarci due volte. Non è un caso, infatti, che in questi anni di crisi, le reti di promotori finanziari siano riuscite a resistere meglio alle richieste di riscatto.

Tra i grandi network di promozione si sono distinti in particolare Azimut, Fideuram, Banca Generali e soprattutto Mediolanum che dall’undicesimo posto che occupava nella graduatoria dei fondi tre anni fa oggi si piazza al quarto posto assoluto.

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