La crisi colpisce i rom: tutti per strada a chiedere l’elemosina

La crisi economica non risparmia nessuno. Nemmeno i rom. Dal Triboniano al Bonfadini, sono tanti i romeni che hanno perso il lavoro. Magari erano pagati in nero, magari lavoravano solo per qualche mese all’anno. Ma pur sempre di lavoro si trattava. Onesto. Ora non c’è più nemmeno quello. «Fino a poco tempo fa - racconta Fiorenzo, volontario al Triboniano - erano molti di più quelli che ogni mattina lasciavano il campo per andare a lavorare. Invece ora resta a casa più gente».
Poco importa. Non potendo lavorare, i rom aguzzano l’ingegno e tornano alle pratiche di sempre: furtarelli ed elemosina. «Piuttosto che rubare - spiegano sempre i volontari alle famiglie romene - è meglio che andiate a chiedere l’elemosina. Ma, vi preghiamo, almeno non portate i bambini, non insegnate questo ai vostri figli». Parole che in qualche caso attecchiscono. Ma che il più delle volte cadono nel vuoto. Se poi ci si mette di mezzo la difficoltà a trovare un impiego vero, ecco che gran parte del lavoro fatto dai volontari per aiutare i rom ad integrarsi viene disperso.
E ai semafori si vede di tutto. I volontari cercano di limitare il fenomeno ma spesso è impossibile. Per di più i nomadi hanno sviluppato una fervida fantasia sull’argomento e si sono modernizzati. È finita l’epoca del lavavetri o del venditore di accendini. Sembra spegnersi, in tante vie, il fenomeno del business degli storpi. Ci si è inventati altro. Per by-passare le ordinanze del Comune di Milano, che prevedono multe salate e sequestro del piattino delle offerte a chi chiede l’elemosina per strada, i rom si sono inventati nuovi «servizi» per gli automobilisti. Ci sono quelli che ogni mattina, assieme a un gruppo di marocchini, vanno in stazione o alla fermata del metrò e fanno rifornimento di giornalini free press. Da qui il business. Anziché distribuirli gratuitamente, si piazzano ai semafori dei viali più affollati e li vedono agli automobilisti per qualche monetina. Se sono fortunati, riescono a racimolare anche uno o due euro a copia. Meno redditizio il «servizio» bibite. Le zingare, soprattutto nelle giornate più calde, girano tra le auto ferme al rosso e cercano di vendere bottigliette di aranciata comprate o rubate al discount. Ma è raro che qualcuno, seppur assetato, accetti di acquistarle.
E poi c’è l’elemosina più pietosa, che fa leva sul volontariato fasullo. C’è qualcuno, italiano, che ha aiutato i rom a stampare cartoncini colorati con appelli di aiuto scritti con grammatica perfetta e perfino impaginati con una certa maestria. «Matei ha la laucemia - recita un volantino arancione -. Se hai un cuore buono, per favore aiutaci con quanto puoi. Grazie tante e che Dio ti benedica. Per favore, dendimi il foglio».

Magari la triste storia di Matei è vera, ma di sicuro i soldi chiesti dalla zingarella di turno non serviranno alle cure del bimbo. Infine ci sono gli zingari fissi alle macchinette automatiche dei biglietti del metrò: in cambio di informazioni (inutili) sui tasti da schiacciare, pretendono di avere la mancia.

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