Gli avvocati stanno pagando, più delle altre professioni, un duro prezzo alla crisi economica. Lo afferma Marco Ubertini, presidente della Cassa forense, nel suo intervento al XXX Congresso nazionale forense che si svolge a Genova a bordo della nave Costa Concordia. «Garantita la sostenibilità trentennale e la solidità patrimoniale - spiega Ubertini - Cassa forense non può tuttavia fare a meno di preoccuparsi per il futuro. Dagli ultimi dati in nostro possesso, emerge la crisi che ha colpito, e che continua a colpire, il ceto forense. Tra il 2008 e il 2009 il reddito medio annuo degli avvocati è diminuito dell'1,1%; e la situazione peggiora se si guarda al valore reale del reddito, che riporta una flessione dell'1,8%».
La crisi colpisce tutta l'Italia, con situazioni particolarmente critiche in aree geografiche strategiche perché considerate cuore pulsante dell'economia. Pensiamo alla Lombardia - esemplifica Ubertini - dove il reddito medio annuo degli avvocati iscritti alla Cassa è diminuito del 2,9% tra il 2008 e il 2009. La situazione è particolarmente critica per gli avvocati più giovani». «Senza contare - prosegue Ubertini - gli oltre 50.000 colleghi iscritti agli albi ma non iscritti alla Cassa, in gran parte sotto la soglia minima di reddito Irpef (10.000 euro annui) e di ricavi iva (15.000 euro annui), tra i 25 e i 35 anni il reddito annuo oscilla intorno ai 20mila euro, il che vuol dire, al netto dei contributi previdenziali e delle tasse, circa 1200 euro al mese. Senza tredicesima, senza ferie e senza quelle tutele tipiche dei lavoratori subordinati». «Nonostante i professionisti al di sotto dei 45 anni siano oltre la metà degli iscritti alla Cassa (57%), hanno un reddito medio circa 2,2 volte inferiore a quello dei colleghi più anziani. Guardando al reddito medio mensile di un avvocato under 45, infatti, si registra un valore di 1.839 euro a fronte dei 3.680 degli avvocati over 45. Anche se non siamo l'unica categoria professionale a risentire della crisi - sottolinea Ubertini - paghiamo più di altri».
Per il presidente della Cassa forense, gli avvocati pagano «in primis l'inammissibile ritardo nell'approvazione della riforma della legge professionale», il fatto che tra i corsi di laurea giurisprudenza è l'unica a non avere il numero chiuso, una domanda di prestazioni professionali «largamente diretta a questioni modeste o addirittura bagatellari», l'insufficienza di un servizio giustizia «da anni oggetto delle poco benevole ma finora vane rampogne del Comitato dei Ministri d'Europa per violazione della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo quanto all'eccessiva durata del processo».
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