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La crisi di Jal spinge le compagnie verso nuove alleanze

L’agonia della Jal - la principale compagnia giapponese, numero uno in Asia, settima nel mondo per fatturato, quindicesima per traffico - è ormai alle ultime battute. Martedì il governo, che controlla la società alla quale ha già versato vari prestiti per allontanare il crac, deciderà se e come pilotare la bancarotta, ormai ineludibile. Intanto il titolo, in Borsa, esprimendo i timori del mercato ieri ha perso un altro 12%.
Questa volta non c’è scampo: o il governo, attraverso i propri canali bancari, finanzia una ristrutturazione molto pesante, ridimensionando la società e cercando di riportarla al pareggio, o la Jal - intera o a pezzi - finisce acquisita. I dati più freschi, quelli del primo semestre 2009, indicavano una perdita di 1,5 miliardi di dollari, mentre nell’intero esercizio 2008 i ricavi erano stati di 17 miliardi di dollari. Le cause vengono attribuite alla crisi economica e all’influenza A, che hanno ridotto i flussi turistici da e verso il Giappone. Ma a ben guardare, i problemi vengono da lontano, se già nel 2007 si annunciava un taglio di 4.300 dipendenti, il 7% della forza lavoro, entro l’anno in corso.
Ma ben prima del termine - nel corso del 2009 - un altro piano ha previsto, oltre al taglio di rotte e di flotta, lo sfoltimento di altre 6.800 persone, mentre piloti, hostess e personale di terra sono stati invitati a mettersi in ferie senza stipendio. In accordo con i sindacati sono state anche ridotte le pensioni: una delle operazioni più dolorose. Se anche sarà avviata la procedura fallimentare, la Jal non chiuderà, secondo il modello al quale abbiamo assistito in Italia con Alitalia. La cosa più probabile è che la Japan Air Lines finisca per essere acquistata da una delle due pretendenti che ormai da mesi stanno affinando le proprie manovre di avvicinamento: si tratta di due colossi statunitensi, la Delta (che dopo la fusione con Northwest è diventata la più grande compagnia del mondo) e l’American Airlines, che è quarta. Le logiche su cui si muove da anni il mercato del trasporto aereo è quella delle economie di scala e di un servizio sempre più integrato per i propri clienti. I grandi tendono a diventare sempre più grandi, i piccoli o possiedono una nicchia, un network, un modello di business redditizio, oppure sono destinati a soccombere. E dietro le compagnie si stagliano con sempre maggiore peso le alleanze di appartenenza, che rappresentano quasi delle grandi «holding» nelle quali l’individualità dei singoli membri è valorizzata dalle sinergie tra partner. Due fattori sono determinanti: un’unica rete di collegamenti, alla quale ciascuna compagnia apporta i propri, e lo scambio di miglia dei programmi frequent flyer. Lo scontro su Jal, quindi, è tra Oneworld e SkyTeam: alla prima appartiene American, alla seconda Delta, e SkyTeam è la meno presente in Asia (l’alleato è solo Korean), il continente che ha più prospettive di crescita.


Tuttavia il predominio sulle rotte del Pacifico acquisito con Northwest rischia di nuocere a Delta, perché la posizione dominante potrebbe essere cassata dalle autorità Antitrust statunitensi. Nonostante l’accordo di «open sky» firmato pochissimi giorni fa da Usa e Giappone.

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