«La crisi? Non si supera senza le imprese agricole»

Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, ieri il ministro delle Politiche agricole Zaia ha sottolineato che il negoziato svoltosi a Bruxelles è stato positivo per il settore primario italiano.
«È vero ma restano alcune criticità come il tabacco perché la riapertura del dossier non è stata ritenuta possibile. Per quanto riguarda le quote latte è stato raggiunto un progresso significativo».
Il decreto attuativo dovrebbe arrivare entro fine anno.
«L’applicazione dell’aumento di quote deve tener conto della situazione del mercato italiano affinché non si penalizzi chi ha sempre rispettato le regole e si consenta a chi vuole mettersi in regola di rateizzare le multe e accedere al nuovo regime. Siamo in attesa di conoscere le caratteristiche del decreto e solo in seguito potremo esprimere una valutazione definitiva».
Come valutate le misure anticrisi presentate dal governo alle parti sociali?
«È un tentativo di dare una spinta alle diverse componenti socioeconomiche del Paese. Ovviamente la nostra maggiore preoccupazione è che si vada verso interventi per le famiglie e le pmi senza tener conto di quelle famiglie che sono il nucleo fondante delle pmi agricole. L’agricoltura rischia di essere dimenticata mentre può dare un importante contributo alla ripresa».
Che cosa servirebbe?
«Serve una strategia di lungo periodo, ma per programmare dobbiamo essere consapevoli che nell’attuale Finanziaria è prevista una fiscalizzazione degli oneri sul lavoro che potrebbe determinare un aumento dei costi del 30 per cento. Se a questo aggiungiamo le disposizioni relative all’Ici sui fabbricati rurali, le famiglie imprenditrici agricole vengono colpite da costi aggiuntivi per circa un miliardo di euro. Questo vuol dire non avere a cuore l’agricoltura italiana che rappresenta il 15% del pil. Non inserire queste priorità nell’agenda economica sarebbe un grave errore politico per un governo con il quale la base della nostra associazione ha una sorta di affinità elettiva».
Come si potrebbe intervenire?
«Queste misure possono trovare spazio nella Finanziaria che è ancora in discussione. Per l’Ici occorre invece una posizione decisa del governo nei confronti dei Comuni e delle autonomie. Bastano semplici emendamenti. Siamo inoltre in attesa del contesto normativo per la produzione di energia da fonti rinnovabili che il ministro Scajola si è impegnato a definire».
Richieste economiche, ma anche politiche.
«Sarebbe sufficiente che non ci venisse caricato un nuovo onere che è quello della politica che ci mette l’Ici sulle cantine, sui frantoi e sulle stalle. Da una parte il ministro Sacconi alleggerisce le metodologie di assunzione per gli stagionali con il voucher, dall’altra ci appesantiscono di oneri previdenziali. Una misura annulla l’altra. E poi non possiamo perdere oltre 110 giorni l’anno per la burocrazia».
Il federalismo fiscale potrebbe essere una buona soluzione.
«Province e comunità montane sono ancora lì e questo non ci fa ben sperare. Bisogna alleggerire il contesto in cui opera l’impresa e, invece, in sede di Conferenza dei servizi anche gli enti più inutili vogliono trovare la loro ragion d’essere. Meno Stato non vuol dire meno regole, ma poter utilizzare meglio i fattori produttivi».


La manifestazione di protesta di Bologna della scorsa settimana non è stato solo un episodio?
«Si sono ritrovati gli imprenditori che rappresentano oltre il 60% della superficie agricola. È un malessere che non può essere sottovalutato. Quando si arriva a manifestare è perché si sentono venir meno le sicurezze».

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