La crisi politica? E' figlia di due donne

Veronica Lario ed Elisabetta Tulliani hanno condizionato la vita politica dei cofondatori del Pdl. Il Cavaliere dopo la separazione si è sfrenato, Fini invece ascolta solo la compagna

La crisi politica? E' figlia di due donne

La crisi politica che stiamo attraversando ha origini insolite, ma facilmente ricono­scibili. Non si tratta, come qualcuno vor­rebbe far credere, di un impazzimento do­vuto a promesse non mantenute, a diverse concezioni della giustizia, a incomprensio­ni tra Nord e Sud, tra Lega e componenti nazionalistiche della maggioranza, alla prepotenza di Tremonti, alla insofferenza del mondo della scuola per le riforme della Gelmini, alle malintese prospettive federa­­liste, insomma a ragioni ideali, economi­che, culturali, improvvisamente affiorate all’interno di una maggioranza fino a ieri relativamente coesa, e lungamente collau­data, ma di una crisi sessuale. Berlusconi ha introdotto una variante al celebre pre­cetto andreottiano: «Meglio comandare che fottere».

Per lui è (o appare), vista la sereni­tà dei suoi comportamenti), «meglio fottere che comanda­re ». E infatti la politica non c’è più. Stiamo assistendo agli ef­fetti imprevedibili e catastrofi­ci di opposte concezioni della vita amorosa non tra cattolici e libertini, non fra tradizionali­sti e figli disinibiti della rivolu­zione sessuale, tra vecchi e gio­vani, ma, all’interno di quello che fu lo stesso partito, tra Fini e Berlusconi. Questo è eviden­te a tutti. E, dopo più di quindi­ci anni di più o meno tranquil­la convivenza sono maturate opposte e incompatibili con­cezioni della vita sessuale. Tut­to è tranquillo finché ci sono, benché in seconde nozze, due mogli. Poi, più o meno nello stesso tempo, Fini abbandona la moglie Daniela (o ne è ab­bandonato) e si avvia verso la Tulliani; e Berlusconi viene ab­bandonato clamorosamente da Veronica.

Già in questi di­stacchi c’è una differenza. Da­niela Fini se ne va discreta­mente senza fare comunicati e sceneggiate; Veronica Lario non riesce a trattenersi e si sfo­ga, in due tempi, prima nel 2007, poi nel 2009, non su Chi, ma sul giornale del nemico, la Repubblica. Già la scelta del­l’organo ha un rilievo politico, ma gli argomenti sono tutti di natura personale e sessuale. La prima volta Veronica rim­provera a Berlusconi l’indeli­catezza di aver detto a Mara Carfagna: «Se non fossi sposa­to ti sposerei» (ma lui afferma di essersi limitato a dire: «Sei una donna da sposare»). Fra­se forse infelice, ma generica, che indica una situazione di fatto.

L’attuale capricciosa e in­v­erosimile posizione della mi­nistra delle Pari opportunità palesa che sposarla sarebbe stato un clamoroso errore. Ma la seconda lettera di Veronica a Repubblica rivela che fu un errore anche sposare lei. Infat­ti, dopo anni di convivenza, Berlusconi scopre di essere stato vicino a una donna che non conosceva la quale, aven­do avuto tutto da lui, avendo forse tollerato qualche inno­cua scappatella, improvvisa­mente si erge a preoccupata e severa moralista verso il «dra­go » (suo marito) che frequen­ta e mette in lista «ciarpame senza pudore». Se ne accorge dopo le fotografie del marito mano nella mano di una bella ragazza (Francesca Impiglia, da me per primo scoperta), nel giardino di villa Certosa, e dopo le altre fotografie di cin­que ragazze scherzosamente sulle sue ginocchia,in un’altra allegra occasione in Sarde­gna; dopo gli articoli e le inter­cettazioni su attrici, show girl e giornaliste in diverso modo frequentate e in diverso modo care a Berlusconi.

Rivelazioni e piccoli scandali di cui i giornali parlano e che certamente Veronica può co­noscere e commentare con un’amica e giornalista intelli­gente e informata come Maria Latella. Dunque, come avreb­bero detto i magistrati di Mila­no, Veronica non poteva non sapere. E, però, contempora­neamente, conteneva con la sua presenza coniugale le in­temperanze libertine del mari­to. Il suo compito discreto era molto simile a quello della mia compagna Sabrina, la quale vede, conosce ed è supe­riore; comprende, sorride, non attribuisce importanza al­le mie curiosità ma, soprattut­to, non si sfogherebbe mai in­viando una lettera a Repubbli­ca. Per questo Berlusconi me la invidia. Sabrina si incazze­rebbe discretamente con, ma non scriverebbe a un giornale per lamentarsi dei miei com­portamenti. E Infatti la chiave della crisi è qui; e da qui inizia l’attuale sconvolgimento che attraversa il mondo politico. Quando Veronica se ne va, il premier crede di essere torna­to libero, di essere single; e nul­la può contenere la sfrenate­z­za di questa nuova condizione alla quale da molti anni non era avvezzo. Manca la diga. E, superato l’episodio scatenan­te di Noemi, vengono i giorni della D’Addario, impensabili ai tempi di Veronica, e tutte le altre vicende di cui le crona­che hanno parlato e sparlato nel corso di questi mesi.

Episo­di insignificanti, grottesca­mente amplificati, ma rivelato­ri della serenità, del diverti­mento, dello spirito ludico di Berlusconi tornato libero e in­differente alle critiche e al bia­simo dei moralisti. Nella nuo­va c­ondizione egli si sente pro­tagonista di Amici miei, e si av­via alla terza variante: «Meglio comandare per fottere». Scher­za, gioca, fa battute, si diverte. Il culmine è nell’ormai cele­bre ba­ttuta per una vicenda en­fatizzata da un pubblico mini­stero senza ironia ( che ha sere­namente dichiarato: «Se non c’era posto in un centro d’ac­coglienza, la ragazza poteva passare la notte seduta in que­stura »): «Ci risulta che sia la ni­pote di Mubarak ». Battuta im­pagabile. Per aiutare una gio­vane amica in difficoltà. E Ru­by, spalla perfetta, a spiegare: «Ho visto una sola volta Berlu­sconi. Per me è stato come la “Caritas”». E, ancora, in stato di grazia: «È un uomo molto buono e gentile, ma dovrebbe controllare meglio chi gli arri­va in casa ». La ragazza si conce­de una raccomandazione e una predica a un amico gene­roso ma un po’ imprudente.

Siamo al sublime, tra battute fulminanti e ironia. Dall’altra parte c’è un modello completamente diverso. Fini non ci sta. Non è disponibile a scherzare. Lui, già fascista, è di­ventato un modello esempla­re del «politicamente corret­to ». Fini ha incontrato la Tullia­ni e ha scoperto che al mondo c’è solo una donna. Egli, tutto d’un pezzo, non si distrae, ve­de solo lei, sente solo lei. Fa quello che lei vuole. Nel suo ri­gore, e nel suo innamoramen­to, Fini non degnerebbe di uno sguardo, neanche di uma­na pietà, le Noemi, le D’Adda­rio, le Ruby. Lui le disprezza. La sua mente è totalmente pre­sa dalla Tulliani. Egli è occupa­to da lei; e quando Feltri, attra­verso di lei, inizia una batta­glia politica contro Fini con la forza di una inchiesta giornali­stica cer­tamente non provoca­ta da Berlusconi, Fini non si ve­de più e decide di rompere tut­to. È il modello Tulliani contro il modello Ruby. E, nel suo di­scorso a Bastia Umbra, Fini po­ne sullo stesso livello, nella rea­zione scandalizzata della stampa internazionale, il crol­lo di Pompei e la vicenda di Ru­by. Da una parte c’è lui,il cam­pi­one di princìpi fortificati dal­l’amore, dall’altra c’è Berlu­sconi non più occupato da Ve­ronica Lario ma visitato da ra­gazze che vanno e vengono, e cambiano sempre. Certo non lo influenzeranno, non ne orienteranno i comportamen­ti, le idee, la politica. Passeran­no senza lasciare traccia. Ma lui per loro è come un luogo di villeggiatura nel quale anda­re, fermarsi qualche ora o qual­che giorno, e ripartire.

Ecco, in questi due modelli di vita amorosa e di esperienza sessuale totalizzante od occa­sionale, si gioca la partita della crisi. In principio era la Lario. Ora la Tulliani apre la crisi, in­dica la rotta. Mentre Berlusco­ni riceve ragazze di cui non ri­corda il nome e a cui non dà altro che sorrisi e qualche pic­colo aiuto, soprattutto psicolo­gico. Loro in compenso sono euforiche soltanto per averlo conosciuto, toccato. Fini sta chiuso in casa e ascolta soltan­to lei cui vuole mostrare il suo rigore, la sua integrità. Mai an­drebbe a un compleanno, mai in una discoteca. Lui è tutto d’un pezzo. Berlusconi è un pezzo per tutti. Ecco: la storia è questa, ma nessun bacchetto­ne repubblichino, con grana­te e tremaglie, potrà darci più garanzie di un sereno e scanzo­nato libertino.

E anche la sto­ria futura: infatti se toccherà a Vendola inizierò una nuova fa­se prima erotica che politica. E, in quel caso, per Fini e an­che per Berlusconi, oggi con­trapposti, occorrerà guardarsi le spalle. Con il suo avvento non sarà più certa la centralità politica della gnocca.

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