Roma - L’inflazione a novembre va giù, dice l’Istat, ma a tavola non è (ancora) tempo di brindare. I prezzi degli alimentari non conoscono tregua, intanto per le famiglie si avvicina il momento della verità: la spesa delle feste.
Facile farsi i conti in tasca. Rispetto a un anno fa, la pasta costa addirittura il 30 per cento in più (1 euro e 60 al chilo) il latte è aumentato del 6,3 per cento, il pane di un buon 4,2 per cento, la carne pesa sullo scontrino un ulteriore 3,2 per cento. Così il Natale assomiglia piuttosto a una via crucis. Per quanto riguarda pasta e pane, poi, gli ultimi aumenti (rispettivamente +0,4 e +0,2 per cento in un mese) sembrano paradossali a fronte di una contemporanea diminuzione dei costi delle materie prime: i cereali non lavorati, nello stesso periodo di tempo, hanno visto scendere i prezzi di riferimento dello 0,1 per cento. Non basta: l’Organizzazione degli imprenditori agricoli ricorda come la media delle quotazioni delle borse merci nazionali, nella terza settimana di novembre, per il frumento tenero è stata inferiore del 37% rispetto al 2007, mentre per il frumento duro il record è stato di un -48%.
Controtendenze ed eccezioni mettono in allarme Confagricoltura, che però affronta il problema da un altro punto di vista: «Dell’aumento dei prezzi al consumo, inspiegabilmente, non beneficia l’intera catena della produzione - spiegano -. Tanto è vero che i prezzi all’origine delle imprese agricole continuano a calare». In crisi si ritrovano soprattutto il settore dei formaggi (con un autentico «caso grana»), ma anche i produttori di olio d’oliva, dell’ortofrutta e lo stesso mercato della carne.
La Coldiretti rilancia e ora invoca l’intervento dell’Antitrust. «Proprio nel momento in cui il governo Berlusconi vara misure di intervento a sostegno dei consumi (in primis con bonus famiglie e social card, ndr), l’Autorità garante della concorrenza e del mercato faccia qualcosa contro gli scandalosi e ingiustificati rincari dei generi alimentari di prima necessità. Ciononostante - prosegue la nota - i produttori che in passato avevano motivato l’aumento della pasta con l’aumento del grano, oggi non seguono il ribasso del grano». Ecco le proporzioni della stangata: in Italia il consumo medio è 28 chili di pasta a persona.
Il tradizionale balletto delle cifre, come la polemica sui «passaggi nella filiera», s’accompagna stavolta alle previsioni ottimiste da parte dell’Ufficio studi di Confcommercio. «La flessione dell’inflazione è un dato in linea con il resto dell’Europa. Riflette le dinamiche di ridimensionamento delle materie prime energetiche e l’attenuarsi delle tensioni sui prezzi di molti beni di largo consumo e di alcuni servizi».
Tradotto, sono all’orizzonte boccate d’ossigeno in ristoranti e alberghi. E perfino la tanto «cara» pasta, nei prossimi mesi, dovrebbe tornare a riempire i carrelli degli italiani. In pentola bolle una riduzione «molto consistente» dei prezzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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