Cristicchi: «Censuro il mio anti tormentone»

La frizzante diciottenne di Barbados è la rivelazione con «Sos»

Paolo Giordano

da Milano

Già nel tono della voce, Simone Cristicchi ha lo swing giusto: scanzonato, pungente, garbato. Tra i cantautori emergenti è tra i più giovani, visto che solo l’anno scorso tutti l’hanno conosciuto grazie a Vorrei cantare come Biagio Antonacci, ma in realtà dal ’98 questo capellone con gli occhiali neri colleziona premi e premioni (come quello della Critica di Musica & Dischi) consumando la gavetta che fa diventare grandi: tanta fatica e pochi sghei.
E così c’è un pizzico di disillusione nel suo singolo Ombrelloni che, con ritmo dinoccolato, da oggi inizierà a girovagare per radio e per orecchie agitando qui e là qualche polemicuccia. E va bene, diciamolo: il brano (dal cd Fabbricante di canzoni) sarà trasmesso «purificato» da quella volgarità usata persino da Dante o, più prosaicamente, sfruttata per definire la fortuna di Arrigo Sacchi. Anche quelli, a modo loro, veri e propri tormentoni.
Però Cristicchi, lei non le manda a dire. Il verso «L’ombrellone te lo ficco nel...» non è un giro di parole.
«In realtà quella canzone è nata come uno sfogo, uno sfogo di rabbia poco ragionato dopo un episodio vero che mi ha lasciato senza parole».
Allora spieghi.
«Una volta il direttore artistico di un grande network radiofonico italiano ha ascoltato i miei brani e mi ha detto: devi scrivere qualcosa di più stupido, che vada bene per l’estate. Sono rimasto allibito e mi sono sfogato scrivendo davvero ciò che mi era stato chiesto. Con un pizzico di rabbia».
Risultato?
«È un anti tormentone. Non è nato per diventare un brano da canticchiare, tutt’altro. E non vorrei solo che facesse la fine di Vorrei cantare come Biagio Antonacci, insomma che venisse equivocato. Questo è solo uno sfogo alla mia maniera».
Ma la parolaccia...
«Ma dai, quella ci sta in una denuncia contro i direttori artistici delle radio che decidono, o hanno la presunzione di farlo, che cosa piace agli ascoltatori».
Però proprio alle radio è arrivata la versione depurata.
«Perché se c’è una cosa che mi dispiacerebbe davvero è quella di essere giudicato volgare. È proprio quello che non vorrei. Persino quando canto quel brano dal vivo mi autocensuro, dico altre parole che fanno rima perché quella proprio non mi va di urlarla davanti a tutti».
Addirittura.
«Bisogna distinguere due casi. Ombrelloni ha uno spirito quasi punk e quindi, quando ad esempio canto nei centri sociali, ha un’accoglienza diversa da quando mi esibisco nelle piazze. Però là mi sono accorto di una cosa strana: sono i bambini a cantare la parolaccia, la conoscono già, la cantano al posto mio».
Questa è bella.
«E a me dispiace perché vedo che spesso sono di fianco ai loro genitori».
E allora a che cosa serve l’autocensura in radio?
«Quella è doverosa e mi va bene, anche se con le radio io ho comunque un debito di gratitudine. Anche per questo nel video della canzone ho voluto il Trio Medusa: sul set hanno recitato la parte di quelli che commissionano la canzone.

D’altronde, a suo tempo, sono stati tra i primi a darmi fiducia nel loro programma a Radio Deejay».
E se Ombrelloni diventasse un tormentone da spiaggia?
«Sarebbe davvero uno scherzo del destino. Anzi, se succede, giuro che mi taglio i capelli a zero».

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