La critica Un triangolo copiato da Ozpetek e trasferito a Torino

Una coppia si scioglie. Pazzo di lei (Ksenia Rappoport), lui (Pierfrancesco Favino) soffre. Eppure, prima, lui aveva lasciato un'altra lei (Monica Bellucci), che soffriva. Intanto il fratello gayo (Michele Alaique) di lui, dovendo essere operato, lascia il fidanzato (Glen Backhall) per dargli meno dolore in caso di morte... L'uomo che ama (che fantasia nel titolo!) pare un film di Ozpetek girato sotto la Mole di Torino, anziché sotto il Gasometro di Roma, ma è un film alla maniera di Ozpetek, scritto e diretto da Maria Sole Tognazzi. Presentato nell'«Anteprima» (ex «Première»), il film della Tognazzi regge nella prima mezz'ora grazie alla fotografia di Arnaldo Catinari, allo sfondo urbano insolito e invernale, ai toni sommessi... Poi affiora che i dialoghi echeggiano i dialoghi di film analoghi, con frasi fatte tipo: «Non volevo farti del male». Notevoli anche genitori pensionati (Arnaldo Ninchi e Piera Degli Esposti) con casa esattamente sulla riva del lago di Como; più notevole ancora la sciarpa perfettamente fissata al collo con la quale la Degli Esposti appare alla finestra! Il migliore è - naturalmente - il giovane gayo: buonissimo, modestissimo, previdentissimo. Il fratello normale invece è un irsuto, mediocre farmacista (sbaglia i farmaci) che però abita in centro e ha una cucina di quaranta metri quadrati.
Accomuna gli interpreti di questi personaggi apparentemente piemontesi l'accento... romano.

Infatti i film si girano qui o là secondo opportunità delle Film Commission e quella di Steve Della Casa è leggendaria: porterebbe a Torino anche il rifacimento di Casablanca!
Sempre nella «Selezione ufficiale», versione «Cinema 80» e fuori concorso, s'è visto ieri uno dei film filantropici collettivi che infestano i festival come momenti penitenziali: il titolo è «8», con riferimento a «otto obiettivi di sviluppo del millennio» stabiliti dall'Onu. Ha anche otto episodi di Jane Campion, Gael Garcia Bernal, Jan Kounen, Mira Nair, Gaspar Noe, Abderrahmane Sissako, Gus Van Sant e Wim Wenders. Se ne salva la metà scarsa.

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