La crociata anti smog rottama oltre 13 milioni di automobili

Lo stop alla circolazione delle vetture Euro 0 ed Euro 1 le rende inutili. E ora sta crollando anche il valore dei modelli più recenti. E i primi dati di abbattimento dello smog nelle città «senza Euro 0», dimostrano che non basta. Facile prevedere che, se si prosegue su questa strada, i blocchi dovranno essere estesi progressivamente a modelli più recenti

La crociata anti smog rottama 
oltre 13 milioni di automobili

Eleonora Barbieri e Giuseppe Marino
Sono tredici milioni e quattrocentomila. E sono praticamente da buttare. Il problema di questa vasta porzione del parco auto italiano è l’incrocio letale tra le norme anti-inquinamento e l’età: sono state immatricolate tutte prima del gennaio 1997. E la crociata contro lo smog che sta contagiando una dietro l’altra tutte le città italiane, si traduce per i proprietari di queste vetture in una sostanziale impossibilità di usarle nei giorni feriali e in orario diurno. Cioè proprio quando servono: il XV rapporto Aci-Censis presentato il mese scorso dice che il 65,1% degli automobilisti si mette al volante quotidianamente per andare al lavoro.
Le ordinanze emesse dai comuni, a Bologna, Roma, Milano, come in una moderna caccia alle streghe, appone un marchio d’infamia sulle vetture Euro 0 ed Euro 1: sono «le più inquinanti». E pertanto devono restare in garage negli orari di punta. Almeno fino all’estate, dicono i Comuni. Poi si vedrà. Ma nel frattempo nessuno vuole più queste auto, e il loro valore è di poco superiore allo zero. La soluzione? È beffarda. Molti le vendono a stranieri provenienti da Paesi in cui le leggi anti-smog sono ancora un miraggio, ad esempio in Nordafrica. Come pulire l’aria di casa nostra e inquinare quella degli altri.
«Con l’obbligo, imposto dall’Unione, dell’adeguamento agli standard anti inquinamento, la svalutazione è ormai sempre più rapida - spiega Mauro Tedeschini, direttore di Quattroruote -. Una Punto del ’97, ad esempio, oggi sul mercato dell’usato si paga 500 euro». Il bollo resta comunque da pagare: «È paradossale - continua Tedeschini - ci sono lettori che ci scrivono, infuriati, perché il bollo, ormai, costa più della loro vettura». Ma non è tutto qua. Perché i divieti emessi di recente hanno solo accelerato il pensionamento di auto ormai vecchie. Il dramma è che all’orizzonte ci sono rischi per i modelli più recenti. L’avvicendarsi dei nuovi standard è stato rapido negli ultimi anni: nel 2000 Euro 3, nel 2005 Euro 4. E già circolano i primi Euro 5, che dall’anno nuovo sarà lo standard. Chi ha comprato un’auto Euro 3 nel 2004, già oggi non può circolare nei giorni di blocco totale del traffico. E i primi dati di abbattimento dello smog nelle città «senza Euro 0», dimostrano che non basta. Facile prevedere che, se si prosegue su questa strada, i blocchi dovranno essere estesi progressivamente a modelli più recenti. «Un’auto Euro 3, immatricolata nel 2005, oggi vale il 10% in meno rispetto a un altro modello dello stesso anno, ma già Euro 4» spiega Tony Fassina, titolare dell’omonima catena di concessionari. C’è qualcuno che resiste: «I Suv hanno un valore residuo percentuale elevato - spiega Massimiliano Amati, analista di mercato di Quattroruote - e questo perché sono particolarmente apprezzati. Lo stesso succede alle utilitarie ben tenute, o alle auto sportive di alta gamma». «Tutti vogliono auto recenti, per aggirare i divieti - aggiunge Tedeschini -. Così il mercato è come drogato da un’offerta troppo abbondante e il prezzo crolla». I vecchi proprietari, quelli che lustrano la loro vettura con amore, possono rassegnarsi: in media, un italiano tiene un’auto per sette anni. Di questo passo, la dovrebbe cambiare ogni tre, quattro al massimo.
Nel frattempo i costi di esercizio dell’auto si mantengono alti (3.600 euro l’anno).

Come reagisce l’automobilista? «Spende molto per muoversi male - dice Franco Lucchesi, presidente dell’Aci -, usa meno le quattro ruote a causa dei costi elevati (dal 2003 al 2006 la media dei chilometri percorsi in auto è calata da 21 a 17mila l’anno), ma non riesce a trovare valide alternative che soddisfino il bisogno di mobilità: il 40% degli automobilisti rifiuta di usare il mezzo pubblico ritenendolo poco confortevole e incompatibile con le esigenze individuali».

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