Crolla la casa-tugurio Sotto le macerie muoiono due sorelline

Fare la morte dei topi nell’anno di grazia 2010. Marianna e Chiara si illudevano di avere davanti a sé tutta una vita. La morte è arrivata invece con maledetto anticipo. Innocenza - la loro - inghiottita dalle macerie, sprofondata sotto il peso miserevole di una casa-tugurio.
Fino a ieri Marianna, 14 anni, e Chiara, 4 anni, avevano guardato in tv le piccole vittime haitiane, pensando di essere bimbe fortunate: non immaginavano che anche un angolo di Favara (comune di 30mila abitanti, a 10 km da Agrigento) potesse trasformarsi nel più buio degli anfratti di Port-au-Prince. Stessa polvere, stessa nebbia di disperazione.
«Ero sveglio e stavo per chiamare i bambini quando all’improvviso è crollato tutto; questo non sarebbe successo se avessimo avuto la casa popolare che avevo chiesto tempo fa. È una tragedia, sono distrutto, sarebbe stato meglio se fossi morto io». Si dispera Giuseppe Bellavia, padre di Marianna e Chiara. La gente fa a gara per abbracciarlo. Parole di conforto e parole di rabbia si mischiano alle lacrime.
L’uomo, magro e con ferite alla testa, indossa un pigiama di colore blu e ha la testa fasciata. Accanto ci sono amici e parenti che aspettano di poter entrare nell’ospedale San Giovanni Di Dio ad Agrigento, dove è ricoverato il figlio Giovanni, 12 anni, che si è salvato in una maniera che sembra un miracolo moderno: da sotto le macerie ha guidato i soccorritori usando un telefonino. Salvi papà Giuseppe e mamma Giuseppina: salvi per modo di dire; i loro occhi sono la prova che sopravvivere ai propri figli è peggio che morire.
Una strada che sembra un budello, larga circa tre metri, con file di case, da entrambi i lati; vecchie palazzine a due o tre piani alcune squarciate senza prospetto e con le stanze che si vedono dall’esterno, altre pericolanti. Questa è via del Carmine, teatro ieri mattina alle 7 del crollo che ha annientato la famiglia Bellavia.
Nella strada, dov’è crollata la palazzina, vi sono una decina di abitazioni, la maggior parte semi diroccate. Solo quattro famiglie vivono in questo vicolo. La miseria e l’abbandono sono evidenti. La palazzina della famiglia Bellavia da un lato poggiava su un altro edificio, rimasto in piedi.
Quando l’edificio si è sbriciolato i tre fratellini Marianna, Giovanni e Chiara stavano ancora dormendo. La casa è venuta giù piegandosi su un lato: ecco perché Giuseppe e la moglie Giuseppina sono rimasti illesi, mentre le macerie hanno sepolto la zona dove vi erano le camere da letto dei piccoli. Le cause sono quasi certamente dovute a un cedimento strutturale dovuto alle infiltrazioni di acqua piovana.
«Noi avevamo chiesto un alloggio popolare, ma nessuno ci ha ascoltati», denuncia Giuseppe Bellavia, insieme ai parenti radunati tra il reparto di pediatria dove stanno curando le ferite del piccolo Giovanni e l’obitorio dove si ammassano i fiori per le sue sorelline senza vita.
Il sindaco ha proclamato il lutto cittadino, la Procura ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo plurimo. Il verbale dei vigili del fuoco è un atto d’accusa: «Dai primi accertamenti si ritiene che il crollo sia avvenuto per un cedimento strutturale dell’immobile dovuto alla fatiscenza e al degrado dei materiali che componevano la struttura dell’immobile».

In Comune confermano: «Sì, è vero, questa famiglia aveva fatto domanda per una casa popolare. Non ci risulta però che fosse in graduatoria...». Una realtà da dopoguerra.
Ma ieri il calendario segnava 23 gennaio 2010.

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