Cronaca giudiziaria

L'orrore della Pifferi: "500 euro di Limousine e la figlia da sola"

Il capo della squadra mobile Marco Calì oggi in aula davanti alla corte d'Assise di Milano. Anche la madre della 37enne ha deposto: "In quei giorni mi ha detto che era al mare con la bambina"

L'orrore della Pifferi: "500 euro di Limousine e la figlia da sola"

Ascolta ora: "L'orrore della Pifferi: "500 euro di Limousine e la figlia da sola""

L'orrore della Pifferi: "500 euro di Limousine e la figlia da sola"

00:00 / 00:00
100 %

Un conto da 536 euro per un viaggio in Limousine, verso una cena romantica in un ristorante vista lago di Endine, nella bergamasca. E, solo a luglio dello scorso anno, quattro viaggi andata e ritorno da Leffe a Milano, in taxi privati, per un totale di 1200 euro al mese. Alessia Pifferi spendeva molto, per se stessa: taxi, abiti, scarpe. Mentre a casa, la piccola Diana di un anno e mezzo, restava da sola, senza una vicina o una baby-sitter che si occupasse di lei. Anche nell'appartamento di via Parea, zona Ponte Lambro a Milano, gli investigatori non hanno trovato niente da mangiare. "Solo un piatto di pasta fredda in frigo", ha riferito Marco Calì, il capo della squadra mobile di Milano, sentito oggi in aula al processo in corte d'Assise a Milano, sulla morte della bimba avvenuta dopo almeno 4 giorni di agonia, a luglio scorso a Milano. Di cibo per piccolini, neanche l'ombra. La 37enne - lo hanno accertato le indagini della procura di Milano - si è chiusa la porta di casa alle spalle lo scorso 14 luglio, con in mano un "trolley rosso e una borsa blu". Le video camere di sorveglianza della strada l'hanno ripresa alle 18.50, mentre si allontanava in taxi diretta a Leffe, verso la casa dell'uomo con cui poco prima aveva ricominciato a uscire. Le stesse telecamere la inquadrano 6 giorni dopo, il 20 luglio nel pomeriggio, mentre rientra a casa da Leffe, sempre in taxi. Poco prima che scopra l'inevitabile morte di sua figlia, abbandonata in un lettino da campeggio, nell'appartamento reso caldissimo dalle temperature roventi estive, senza niente da mangiare o da bere.

"Da fine giugno stava cercando di riattivare i rapporti con l'uomo", spiega ancora Calì. Il capo della mobile scandisce in aula ciò che a tutti appare ormai chiaro, ovvero che la donna "aveva uno stile di vita dispendioso". Soldi che reperiva con espedienti. Da febbraio in avanti Pifferi aveva relazioni in chat con uomini conosciuti sulle app di incontri, "a cui venivano mandate foto della piccola Diana". Spiega in aula Calì che c'è una chat, in particolare, in cui Pifferi concorda con un uomo che dormiranno "nudi abbracciati nella stanza in cui c'era anche la bambina. E quando lui le chiede se potrà baciare anche la piccola, la donna gli risponde: 'certo che lo puoi fare'". Dalle chat, spiega il capo della mobile, si evincono le "difficoltà economiche della Pifferi che cerca di ottenere fondi o in cambio di prestazioni sessuali oppure semplici prestiti, motivandoli con la necessità di sostenere la bambina".

Sempre Calì ha spiegato che la Marina Assandri, la madre di Alessia Pifferi, che viveva a Crotone, aveva contatti quotidiani con lei e con la nipotina, tramite video chiamate e chat. Durante quei lunghissimi giorni in cui Diana soffriva da sola nell'appartamento di via Parea a Milano, Alessia Pifferi ha sempre rassicurato sua madre che la bambina era con lei, al mare. "Il 20 luglio le ho mandato il buongiorno e lei non mi ha risposto. Quando le ho chiesto se andasse tutto bene, mi ha detto 'sì, siamo rientrando. La bambina ieri mi ha fatto tribolare per i dentini", ha raccontato in aula Assandri. "È partita di giovedì - ha spiegato -, dopo tre giorni le ho telefonato una sera alle 18. Le ho chiesto di fare una videochiamata e mi ha detto che la bambina stava dormendo". Commossa, la mamma di Alessia ha poi ricordato il periodo in cui la figlia era incinta. "Ai primi mesi di gravidanza mi ha detto di non dirlo a nessuno, neanche ai familiari più stretti. Diceva 'questa è una cosa bella mia, voglio dirla io. Le ho sempre chiesto di dirmi chi fosse il papà, ma non lo ha mai fatto". Il giorno del parto, poi, "mi ha mandato un messaggio per dirmi che ero diventata nonna - ha raccontato tra le lacrime -e che la bambina si chiamava Diana come una principessa". Poco dopo ha preso la parola la sorella di Alessia Pifferi, Viviana Pifferi. "Ho pensato che Diana fosse un regalo e che potesse riunirci come famiglia. Per lei ho cercato di fare pace con Alessia e recuperare il rapporto". E ancora: "Da quel 20 luglio la mia vita è un disastro. Oltre a sentirmi nulla, provo una rabbia e un dispiacere pazzesco".

"Alessia ha un carattere brusco, in cui le capita di alterarsi facilmente, ma mi è sembrata una persona del tutto normale", la testimonianza dell'ex compagno della donna, 58enne residente nella bergamasca, con cui da poco aveva ricominciato ad avere una relazione. Il 20 luglio "quando mi ha chiamato, mi ha detto in maniera molto confusa che Diana era morta. Mi ha detto che non era vero che fosse andata al mare sorella, ma era rimasta a Milano con una baby sitter".

Alessia Pontenani, il legale dell'imputata ha parlato invece di "sfilata degli orrori". “È evidente - ha spiegato - che la famiglia di Alessia Pifferi ha cercato di scaricarsi la coscienza, tutti quanti oggi hanno cercato di tutelare se stessi, piuttosto che accusare Alessia: c’è stata una sfilata degli orrori”. E ancora, ha proseguito: “La madre ha fatto delle grandi sceneggiate oggi, ha detto spesso che c’era il covid ma in quel periodo è scesa a Crotone dal compagno nonostante avesse la residenza a Milano, non ha saputo nemmeno in che scuola superiore ha iscritto la figlia, non sono cose successe 100 anni fa, credo che ogni madre sappia a che scuola ha iscritto la figlia, se al liceo o all’alberghiero.

La sorella l’ha vista a Pasqua e hanno litigato per 200 euro, mi fa sorridere sapere che oggi va dallo psicologo per superare il trauma”.

Commenti