Cronaca giudiziaria

L'altra verità sul caso Open Arms: "Smentite le Ong"

Nuova udienza del processo a carico del ministro Matteo Salvini. Tensione in aula tra accusa e difesa, invitati a parlare i consulenti

L'altra verità sul caso Open Arms: "Smentite le Ong"

È ripreso oggi il processo nei confronti di Matteo Salvini, attuale ministro delle Infrastrutture e imputato per i fatti relativi al caso Open Arms risalenti al 2019, quando il leader della Lega guidava invece il Viminale. A Palermo, all'interno dell'aula bunker del carcere Ucciardone, sono stati chiamati davanti al giudice testi e consulenti sia della procura che della difesa. Ed è proprio sulle dichiarazioni dei consulenti che si è articolato il dibattito. Secondo la Lega, i testi voluti dalla pubblica accusa avrebbero smentito la ricostruzione dell'Ong Open Arms. Sentito anche il comandante del sottomarino Venuti. Chiamato al banco come testimone, tra gli altri, il fondatore di Open Arms, Oscar Camps.

La deposizione del comandante del sottomarino Venuti

Il primo a essere interpellato nel corso dell'udienza, è stato il capitano di corvetta Stefano Oliva. Il primo agosto 2019 era lui al comando del sommergibile Venuti della marina militare. Dal sottomarino sono state notate le attività della nave Open Arms, con una relazione su comportamenti sospetti inviata poi alle procure ma mai acquisita agli atti processuali. Un elemento quest'ultimo oggetto di polemiche nel corso della precedente udienza.

Oliva ha confermato l'invio della relazione agli organi competenti e alla centrale operativa dei sommergibili. Se per la difesa di Salvini il mistero relativo all'informativa scomparsa è un punto importante e più volte rimarcato nelle scorse settimane, per Open Arms invece la presenza del sottomarino è la dimostrazione della mancanza della volontà di intervento da parte delle autorità. Tanto è vero, come dichiarato dal legale dell'Ong spagnola, Arturo Salemi, che è stato presentato un esposto alla procura di Roma e alla procura militare per omissione di atti di ufficio a carico dei 35 componenti dell'equipaggio.

Nella sua deposizione, il capitano Oliva ha spiegato però perché il sommergibile non è potuto intervenire in soccorso dei migranti. "In ogni caso - ha dichiarato - il sommergibile non è attrezzato per operazioni di salvataggio". Impossibile quindi caricare a bordo le persone poi raggiunte da Open Arms.

"Abbiamo monitorato ogni mezzo nel nostro quadrante - ha poi proseguito il capitano - in modo occulto. Anche Open Arms è stata da noi seguita per circa 17 ore a partire dal primo agosto. Il sottomarino, quando è in missione, comunica soltanto con la centrale operativa sommergibili. Da questa eventualmente le informazioni vengano trasferite ad altri organi preposti, sempre riferibili alla Marina militare".

Tensione durante la deposizione del capitano Andrea Pellegrino

Sul banco dei testimoni è stato poi chiamato il capitano di fregata Andrea Pellegrino. All'ufficiale della Guardia Costiera è stato chiesto di ricostruire i momenti in cui è stata segnalata la presenza di un'imbarcazione soccorsa da Open Arms. "Per quanto di mia diretta conoscenza in nessun momento si parlava di un pericolo imminente - ha dichiarato nella sua deposizione - Il comandante non ha segnalato perché non c'era una situazione di pericolo da segnalare, per quanto ho visto dalle immagini, tant'è che nella mia relazione di servizio non si parla di un evento di soccorso ma di trasbordo di migranti, sulla base di valutazioni fatte in loco da chi ha una visione diretta del fatto".

"Non parlavo direttamente con il sottomarino, non avevo contatto diretto - ha proseguito - la mia relazione di servizio segue sostanzialmente la valorizzazione degli elementi informativi raccolti in loco dal sottomarino Venuti. Mi portarono questi elementi informativi e mi chiesero se c'erano elementi che potessero essere di interesse, questo accadeva il 2 agosto".

Secondo Pellegrino quindi, non c'erano situazioni di pericolo tali da far scattare immediati allarmi. Il teste è stato interrogato dal Pm Geri Ferrara, il quale è stato accusato dalla difesa di incalzare l'ufficiale della Guardia Costiera in modo polemico. Ne è nata una diatriba tra le parti che ha portato il presidente della Corte, Roberto Murgia, a sospendere la seduta.

Sentiti i consulenti

Nella seconda parte dell'udienza, sono stati ascoltati i consulenti voluti dalla procura. Si tratta di Renato Magazzù e di Dario Megna. La loro era una deposizione molto attesa. "Un barchino lungo meno di 12 metri con 55 migranti ammassati a bordo (quattro volte più del normale) è in condizioni critiche di sicurezza - si legge nella loro relazione - quella barca (con riferimento al natante soccorso da Open Arms, ndr) in navigazione in alto mare, priva di ogni standard di sicurezza ed esposta al rischio dello spostamento del carico umano, presentava condizioni di grande precarietà di galleggiamento. La mera galleggiabilità del barchino, rilevato dal sommergibile "Venuti" che osservò ogni operazione ma non intervenne, non basta a escludere la sussistenza di pericoli".

C'era il pericolo quindi ma, come sottolineato poi da fonti della Lega, i due consulenti hanno smentito che l'imbarcazione in questione stesse imbarcando acqua. Una ricostruzione diversa da quella di Open Arms. "Smentita Open Arms - si legge nella nota del Carroccio - Il barcone non stava imbarcando acqua, come denunciato il primo agosto 2019 dalla ong con una mail delle 16:49. Lo hanno chiarito anche i consulenti dei pm Renato Magazzù e Dario Megna: non c'erano falle nello scafo".

Secondo fonti vicine a Salvini dunque, la deposizione dei consulenti della procura è da considerarsi come un punto a favore della difesa. Anche perché sull'argomento sono intervenuti anche i due consulenti chiamati da Giulia Bongiorno, l'avvocato dell'attuale ministro delle Infrastrutture. Si tratta, in particolare, di Massimo Finelli e Maurizio Palmese. "Escludiamo che l'imbarcazione avesse acqua all'interno -è il testo della loro relazione - anche quando il natante viene svuotato riemerge e lo si vede in perfetto stato di galleggiamento, i motori ancora funzionavano, e la situazione di galleggiabilità è stata sempre giudicata positivamente".

Laconico in tal senso il commento dell'avvocato di parte civile Giorgia Bisagna. "Alla fine di questa consulenza emerge una considerazione - ha dichiarato - per i testi sentiti se non si sta per affogare letteralmente, non c'è situazione di pericolo. Fa tristezza. Anche alla luce della strage di Cutrò".

Le parole di Oscar Camps

Il fondatore dell'Ong spagnola Oscar Camps era ben consapevole di avere oggi gran parte dei riflettori puntati su di sé. Camps se n'è accorto già all'arrivo dinanzi l'edificio che ospita l'aula bunker, con molti giornalisti presenti ad attenderlo. E lui ne ha approfittato per sottolineare ancora una volta il suo punto di vista.

"A nessuno - ha affermato- piace avere 80 morti sulla soglia di casa, ma stiamo assistendo a un disprezzo per la vita come non c'era mai stato in Europa. Non credo che dovremmo permettere che questo continui ad accadere". Poi ha puntato il dito contro la presunta campagna contro le Ong. "Gli sbarchi umanitari delle ong sembra siano diventati il grande nemico dell'Italia e sembra che noi siamo diventati i responsabili di tutti i problemi del Paese - ha proseguito - Speriamo che questo processo metta il punto finale su questa situazione. Da questo processo mi aspetto una sola cosa: giustizia.

Ma non sono certo che si arriverà alla verità".

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