Caso Ramy, no del Gip alla Procura sulla richiesta di nuova perizia

Il giudice bacchetta i pm: "L'incidente probatorio non è uno strumento per orientare l'azione penale"

Caso Ramy, no del Gip alla Procura sulla richiesta di nuova perizia
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L'incidente probatorio non può essere «uno strumento per orientare il pm nell'esercizio dell'azione penale», ossia per aiutarlo a decidere se chiedere il processo o l'archiviazione. Così il gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo boccia la richiesta della Procura di disporre una perizia in incidete probatorio «volta a ricostruire l'esatta dinamica del sinistro stradale» in cui il 24 novembre scorso al Corvetto è rimasto ucciso il 19enne Ramy Elgaml. I pm, dopo aver chiuso le indagini e prima di decidere se chiedere il rinvio a giudizio degli indagati per omicidio stradale, sollecitava appunto un accertamento tecnico super partes.

Il gip ha rigettato l'istanza con un'ordinanza in cui spiega che ragioni normative non prevedono che l'incidente probatorio possa avere la funzione di suggerire ai pm una strada da prendere nel procedimento, ma serve solo, in questo tipo di casi, per evitare che un eventuale processo resti sospeso per oltre 60 giorni. Cosa che qui non dovrebbe accadere, perché in questo dibattimento entreranno «corpose» consulenze delle parti, oltre che dei pm, delle difese e dei legali della famiglia di Ramy, tutte «condotte con rigoroso metodo scientifico». Gli stessi consulenti saranno ascoltati «in contraddittorio» e una eventuale perizia «terza» durante il processo potrà riguardare solo «limitati punti» per «integrare l'accertamento del fatto».

I pm nella loro istanza avevano scritto che la nuova perizia doveva servire, prima di un processo, per avere «elementi fondamentali» per decidere se chiedere il rinvio a giudizio per l'amico di Ramy, Fares Bouzidi, che era alla guida dello scooter, ma anche per il carabiniere che guidava la prima auto all'inseguimento dei due ragazzi. Considerato poi che agli atti la Procura ha una relazione del proprio consulente tecnico, l'ingegnere Domenico Romaniello, che in sostanza scagiona il militare riguardo alle responsabilità nella morte del 19enne. Una consulenza che contrasta però con l'imputazione a suo carico riportata nella chiusura indagini.

La difesa del carabiniere, con l'avvocato Arianna Dutto, si era opposta alla richiesta della Procura. A questo punto i pm dovranno decidere cosa fare: se andare avanti sulla linea della chiusura indagini e chiedere il processo per entrambi gli indagati, se chiedere l'archiviazione - verosimilmente - solo per il militare o anche se disporre un'altra consulenza di parte per cercare di chiarire i dubbi. Le diverse conclusioni degli esperti infatti, in contrasto fra loro, non permetterebbero «di addivenire ad una ricostruzione univoca» dei fatti.

Per il gip tuttavia, è «carente il requisito della specificità della richiesta» della Procura, perché non sono stati «meglio specificati quali siano i profili essenziali del fatto in ordine ai quali si assume che le conclusioni divergenti dei vari consulenti di parte non consentono» di accertare l'esatta dinamica dell'incidente mortale.

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