Scena del crimine

"Cena con Paolo". Il mistero di Marina che scomparve nel nulla

Marina Di Modica, logopedista di 40 anni, scomparve da Torino l’8 maggio 1996. Il filatelico Paolo Stroppiana fu condannato per omicidio preterintenzionale a 14 anni di carcere. Il cadavere non è mai stato trovato

Il presunto luogo dell'omicidio di Marina Di Modica
Il presunto luogo dell'omicidio di Marina Di Modica
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Era un mercoledì di inizio maggio. Come tutti i giorni, Marina Di Modica era andata al lavoro e poi, dopo una breve deviazione per qualche acquisto, era ritornata a casa. Nulla lasciava pensare che quelle sarebbero state le ultime ore in cui la donna sarebbe stata vista viva. Il giorno dopo i familiari diedero l’allarme della scomparsa. Era il 1996. Da quel giorno, l’8 maggio, sono passati quasi 27 anni e, nonostante la giustizia abbia identificato un colpevole, di Marina non è stata ancora trovata alcuna traccia.

Rimangono anche forti dubbi anche sul movente dell’omicidio: "Sembra attenere alla sfera privata della donna. In tal caso si potrebbe pensare ad avances intime non gradite e poi esitate in un tragico epilogo. Marina non si fidava di chiunque. Pertanto il killer doveva essere una persona conosciuta, ma anche con una forte personalità attrattiva e carismatica, capace di persuasione e dominanza", dice al Giornale.it la psicologa e criminologa Francesca Rosa Capozza.

Marina scompare nel nulla

"È un giallo la scomparsa di una donna torinese della quale non si hanno più notizie da quattro giorni". Così La Stampa dava la notizia della scomparsa di Marina Di Modica, una ragazza quarantenne con capelli ricci e rossi, vista per l’ultima volta il mercoledì precedente. All’epoca Marina era impiegata come logopedista all’ospedale Molinette di Torino e viveva da sola in via della Rocca.

L’8 maggio, come ogni giorno, rimase al lavoro fino alle 16.30. Poi, una volta lasciato l’ospedale, recuperò la sua auto, una Y10, e si recò a fare degli acquisti. Grazie agli scontrini trovati nel suo appartamento, gli inquirenti riuscirono a ricostruire gli ultimi movimenti della donna prima della scomparsa: "Venti minuti dopo aver lasciato l’ambulatorio - riferì La Stampa - acquista un paio di scarpe […]. Paga in contanti: 79 mila lire. Nella stessa via c'è anche il negozio di calze Neo: Marina compra due paia di autoreggenti per un totale di 25.900 lire".

Da quel momento l’unica certezza fu che Marina tornò a casa, data la presenza degli scontrini, indossò calze e scarpe e uscì con l’auto, che infatti non venne ritrovata. Poi più nulla. Marina, la sera stessa non si fece sentire dagli amici e il giorno successivo non si presentò al lavoro. A quel punto il padre presentò una denuncia di scomparsa alla polizia.

I francobolli spariti e quell’appunto sull’agenda

Inizialmente gli investigatori immaginarono che Marina potesse essere ancora viva e lavorarono seguendo tre piste: "La donna si è allontanata di sua volontà, scappando chissà dove - scrisse La Stampa, per spiegare le ipotesi della polizia - si è tolta la vita in un momento di sconforto; le è capitato qualcosa di grave, molto grave".

Qualche giorno dopo la scomparsa, la Y10 venne ritrovata, regolarmente chiusa, parcheggiata davanti all’ospedale Mauriziano. Ma di Marina nessuna traccia. E più il tempo passava, più le prime due ipotesi degli inquirenti si facevano labili. Cercando nell’appartamento di Marina, i famigliari notarono l’assenza di una scatola. La donna l'aveva ritrovata da poco tempo, sgombrando la soffitta, e aveva scoperto che conteneva dei vecchi francobolli appartenuti a un prozio.

Successivamente, durante una cena a casa dell’amica Bianca, Marina aveva conosciuto Paolo Stroppiana, un filatelico che lavorava nella storica azienda torinese Bolaffi. E proprio nella pagina dell’agenda corrispondente al giorno della sua scomparsa, la donna aveva segnato un appunto per le 18.30: "b. cena con Paolo X f.bolli". Quell’appunto venne interpretato come un appuntamento per una cena con Paolo, l’amico di Bianca (b.), con l’intenzione di parlare e forse far valutare quei francobolli (f.bolli) trovati in soffitta. Contattato dal fratello di Marina e poi sentito dalla polizia, Stroppiana negò quell’appuntamento e, per anni, la scomparsa della donna rimase un mistero.

I sospetti

Nel 2001, a cinque anni dalla scomparsa di Marina, la procura decise di riaprire le indagini e approfondire gli indizi sul caso. In particolare al centro dell’inchiesta finì quell’appunto sull’agenda per l’appuntamento fissato con Stroppiana. Dopo che questi ebbe sostenuto di non aver mai definito un incontro con Marina, l’uomo, come riportò al tempo La Stampa dichiarò di aver detto il falso per non fare ingelosire la fidanzata e di avere in realtà un appuntamento con la donna scomparsa, ma di aver poi annullato l’incontro: "Sì, dovevamo vederci ma avevo un noioso mal di schiena e rimandammo tutto. Quella sera ero con la mia fidanzata". Stroppiana disse di aver telefonato a Marina per riferirle che non avrebbero potuto vedersi.

Nel 2001 i tabulati telefonici delle utenze di Marina furono messi a disposizione degli inquirenti: erano le tracce che avrebbero potuto portare a una svolta. I tabulati, in effetti, mostrarono una chiamata di Paolo del 6 maggio, quella fatta per fissare l’appuntamento, ma nessuna traccia di altre telefonate. A quel punto l’uomo affermò di aver contattato Marina da una cabina telefonica, non rintracciandola a casa, ma all’ospedale, di cui aveva trovato il numero sulla guida telefonica.

Le diverse versioni di Stroppiana insospettirono gli inquirenti e nel 2002 l’uomo venne "iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario". Per vederci chiaro, il pm dispose il sequestro della sua Tipo usata nel 1996, per analizzare eventuali elementi utili, che avrebbero potuto essere rilevate dai reparti scientifici anche dopo diversi anni. Ma l’analisi si concluse con un nulla di fatto: "Troppo deteriorate, troppo labili le tracce biologiche a suo tempo evidenziate con il Luminol dalla polizia scientifica sui sedili e negli interni dell'auto".

Stroppiana condannato

Iniziò così il processo al filatelico. Contro di lui c’erano alcuni indizi, così riassunti da La Stampa: l’appunto sull’agenda di Marina per un appuntamento che l’uomo aveva prima negato e poi ammesso, il labile alibi che lo indicava a cena con la fidanzata senza che nessuno oltre alla donna potesse confermarlo e una pistola trovata in casa di Stroppiana, mancante di sei colpi.

"Malgrado le sue menzogne, Paolo Stroppiana è stato sconfitto da Marina Di Modica. Le ultime parole della donna, scritte sull'agenda personale, sono il cartello che rappresenta l'uscita dal bosco per chi ha smarrito la via che porta alla verità", aveva detto in aula il pm, durante la sua requisitoria, nel corso del processo del 2005. A inchiodare l’uomo, secondo l’accusa, sarebbe stato l’appunto scritto sull’agenda dalla ragazza, che indicava un appuntamento con il filatelico per la sera della scomparsa. Dubbi anche sul mal di schiena di Paolo, indicato come impedimento all’incontro con la donna, ma che "secondo i referti medici sarebbe stato un banale 'colpo della strega'".

Nel 2006 la Corte di Assise di Torino condannò Paolo Stroppiana a 21 anni di carcere per omicidio volontario, stabilendo quindi che Marina Di Modica era stata uccisa da lui. Due anni dopo, nel 2008, la Corte d'Assise d'Appello condannò l’uomo a 16 anni, per omicidio preterintenzionale, ma nel 2009 la Cassazione annullò con rinvio la sentenza. Nel 2010, il filatelico ricevette la sentenza bis dei giudici della Corte di Assise Appello, che hanno ritenuto nuovamente Paolo Stroppiana colpevole per omicidio preterintenzionale, condannandolo a 14 anni di carcere, pena confermata definitivamente l’anno dopo dalla Corte di Cassazione. L’uomo, che si è sempre dichiarato innocente, ha terminato di scontare la sua pena e nel 2019 è tornato un uomo libero.

Il mistero del cadavere mai ritrovato

"In questo evento delittuoso, in cui è centrale l'assenza del corpo e d'informazione sul modus operandi dell’assassino (arma, modalità di commissione del reato, occultamento, ecc), è sicuramente l'autopsia psicologica della vittima che ci può aiutare a delineare i tratti caratteristici dell'autore di reato", spiega la dottoressa Francesca Rosa Capozza.

Poi continua: "Marina era una donna schiva e riservata, metodica, abitudinaria, precisa e puntuale, selettiva nelle amicizie e negli affetti, capace però di una buona socializzazione (aveva molti amici) e di aprirsi alle esperienze nuove e intense (amava infatti viaggiare e lo sport). Questo ci indica che non si fidava di chiunque, pertanto il killer doveva essere una persona conosciuta, ma anche con una forte personalità attrattiva e carismatica, capace di persuasione e dominanza".

Quanto alla scena del crimine: "La capacità di eliminare ogni traccia rimanda a un assetto di personalità in cui freddezza emotiva, opportunismo, cinismo ed anaffettività permettono di trattare la vittima come un oggetto di cui disfarsi - conclude l’esperta - Pertanto la scena del crimine diventa un elemento sui cui concentrare massima attenzione e perizia".

Il corpo di Marina Di Modica non è mai stato ritrovato.

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