"In quel contesto è normale". E il tribunale assolve i genitori rom che pestano le figlie

Secondo i giudici di Torino, la violenza in quei luoghi rappresenta “l’unico modo per garantire ordine e disciplina”

"In quel contesto è normale". E il tribunale assolve i genitori rom che pestano le figlie
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Schiaffi, calci e sculacciate alle tre figlie l’unica via per mantenere ordine e disciplina: questa la motivazione che ha spinto la quarta sezione penale della Corte di Appello di Torino ad assolvere una coppia di genitori rom, alla sbarra con l’accusa di maltrattamenti. Condannati in primo grado a due anni e sei mesi di carcere, i due – lui 54 anni, lei 44 anni – sono stati assolti “perché il fatto non costituisce reato”.

Come evidenziato dal Corriere di Torino, i giudici d’Appello hanno ripreso lo scenario descritto da un neuropsichiatra infantile –“il clima di violenza mi sembrava accettato come un dato di fatto, ma sono bambini che vivevano in un campo rom, dove la violenza è un connotato” – sottolineando che le particolari condizioni del contesto familiare “fanno insorgere notevoli dubbi sulla coscienza e la volontà di sottoporre le figlie a qualsivoglia forma di maltrattamento rilevante agli effetti dell’articolo 572 del codice penale”. A portare all’assoluzione, si legge tra le motivazioni, anche il sostanziale riferimento monogenitoriale delle tre minorenni (la madre, anche lei percossa dal marito) e le oggettive difficoltà dovute all’elevato numero di figli in tenera età.

Ma non è tutto. I giudici hanno posto l’accento sulle attenzioni e sulle manifestazioni di affetto “di cui si dimostrano capaci nei confronti delle figlie gli imputati, i quali, pertanto, sapevano assumere (e assumevano) anche quel ruolo di amorevoli genitori che, in quanto tale, non appare compatibile con la consapevolezza e l’intenzione di sottoporre le proprie figlie a un regime di vessazione e di sofferenza morale”. Soddisfatta la difesa dei due genitori rom, rappresentata dagli avvocati Stefania Lombardo e Roberto Saraniti, senza dimenticare che lo scenario era stato soppesato anche dal tribunale:“Ancorché non possa attribuirsi efficacia scriminante al cosiddetto modello culturale — nel caso di specie ai peculiari aspetti della cultura rom caratterizzati da un frequente ricorso alla violenza quale metodo educativo e da una scarsa attenzione all’igiene — è pur vero che non può non attribuirsi valore a tale condizionamento culturale sotto il profilo dell’intensità del dolo, che deve certamente ritenersi sminuita”.

La sentenza ha acceso il dibattito in rete. Sul caso è intervenuto anche l’assessore della Regione Piemonte alle Politiche sociali, delle famiglie e dei bambini Maurizio Marrone, che ha definito "inaccettabile la resa istituzionale alla violenza insita nello stile di vita nomade, con il rischio di ufficializzare l’impunitá di chi picchia, maltratta e delinque nei campi rom".

L'assessore ha annunciato indirizzi "vincolanti per i servizi sociali mirati a salvare i bambini dai maltrattamenti della vita da campo e da un destino altrimenti ineluttabile di violenza, degrado e criminalità".

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