Cronaca giudiziaria

Inchiesta chiusa: ecco cosa rischiano i familiari di Soumahoro

Tra gli indagati ci sono la moglie, la suocera e il cognato del deputato Aboubakar Soumahoro. L'accusa di evasione fiscale nella gestione della coop Karibu per l'accoglienza dei migranti

Inchiesta chiusa: ecco cosa rischiano i familiari di Soumahoro

La procura di Latina ha chiuso le indagini sulla cooperativa dei familiari del deputato Soumahoro. I sei indagati, tra cui la moglie del parlamentare, Liliane Murekatete, rischiano il rinvio a giudizio per le vicende legate alla gestione delle cooperative che si occupavano dell’accoglienza dei migranti in provincia di Latina.

Le indagini partite da diverse segnalazioni

Tra novembre e dicembre dello scorso anno la procura di Latina ha dato una accelerata consistente alle indagini della guardia di finanza sulle cooperative della famiglia di Soumahoro. Sul registro degli indagati sono finiti in 6: Marie Therese Mukamitsindo, suocera di Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete, moglie del deputato, Michel Rukundo, cognato di Soumahoro, considerati coloro che gestivano la cooperativa Karibu. E poi ancora altre tre figure, Richard Mutangana, Ghislaine Ada Ndongo e Christine Kabukoma, che dal 2014 a oggi si sono succeduti come legali rappresentanti dell'associazione di promozione sociale "Jambo Africa" di Sezze.

Le indagini sono partite dalle segnalazioni arrivate da più parti e legate da una parte alla situazione di precarietà in cui si trovavano gli ospiti della coop e dall’altra dalle lamentele dei dipendenti che denunciavano di essere senza stipendio. Situazione che ha portato ad alcuni esposti da parte del sindacato Uiltucs alla procura, che ha voluto vederci chiaro anche perché Karibu incassava considerevoli fondi pubblici da Comuni e prefettura per gestire l’accoglienza dei migranti e dei minori non accompagnati. I reati contestati sono quelli di evasione fiscale e fatturazioni false.

La procura di Latina, all’atto dell’ordinanza, ha disposto per Mukamitsindo, Rukundo e Murekatete il divieto temporaneo (un anno) di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche. E ha inoltre sequestrato preventivamente oltre 600mila euro agli indagati. Secondo quanto sostenuto dalla Procura, sono state evase le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, inserendo nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019 elementi passivi fittizi e costi inesistenti.

Il riesame ha confermato l’impianto accusatorio

Il tribunale del riesame, a Latina e a Roma, ha confermato le accuse mosse agli indagati e sostanzialmente ha dato manforte all’azione della procura di Latina confermando sia le misure interdittive sia il sequestro cautelativo dei beni. Ora gli indagati e i loro avvocati potranno presentare eventuali memorie o chiedere interrogatori.

Poi la procura valuterà ogni posizione e il prossimo step sarà quello della richiesta di rinvio a giudizio oppure di una archiviazione a seconda delle posizioni.

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