
L'udienza che certifica la fine dell'incidente probatorio per il caso dell'omicidio di Chiara Poggi a Garlasco potrebbe slittare di qualche settimana perché mancano ancora i dati grezzi su cui, nel 2014, aveva lavorato il professor Francesco De Stefano, allora perito dei giudici d'Appello che condannarono Alberto Stasi a 16 anni di carcere. Al momento sono stati trasmessi solo quelli del Ris di Parma e ciò renderebbe impossibile terminare nei 90 giorni che sono decorsi dal 17 giugno scorso. Intanto, con la ripresa della programmazione televisiva regolare, anche se in realtà non si è mai interrotta l'informazione su Garlasco, il dibattito televisivo si è riacceso con vigore.
L'avvocato Antonio De Rensis, che difende Alberto Stasi con la collega Giada Bocellari, ha già dichiarato che chiederà una revisione ma i tempi al momento non sono ancora maturi. Serve aspettare e nel frattempo si ragiona su quella che, attualmente è la dinamica che ha portato alla condanna definitiva il suo assistito per l'omicidio. "La dinamica, a mio modesto avviso, non è quella di una porta che si apre e di Chiara colpita dopo 3 o 4 secondi. Io credo che forse qualcuno sia andato per vedere se si poteva capire qualcosa, aggiungere un punto, e che poi tutto sia degenerato", ha dichiarato l'avvocato.
Una versione che si è diffusa da più parti ma che al momento non ha ancora basi di concretezza. "Chiediamoci perché è entrata in campo la professoressa Cattaneo: forse la Bpa e gli accertamenti della Cattaneo potrebbero convergere in una dinamica diversa. Noi per la giustizia italiana siamo i colpevoli. Alberto dorme in galera tutte le notti da 10 anni", ha proseguito De Rensis. "Noi abbiamo una sentenza nella quale si dice che questo è un delitto di impeto: se non c’è la premeditazione, l’arma dove è stata presa?", sono le domande che l'avvocato di Stasi pone al centro del discorso.
Secondo l'avvocato, "l'indagine di Vigevano è stata una delle indagini peggiori da parte della Procura della storia giudiziaria italiana".
Il giudice Stefano Vitelli, che ha assolto Stasi nel primo grado del processo, è stato intervistato in collegamento e ha espresso tutti i suoi dubbi sull'indagine, mettendo i fila gli elementi che a suo avviso non collimano, sottolineando che "il ragionevole dubbio non è un espediente grazie al quale l’imputato la fa franca nonostante sia colpevole, è una garanzia vera, nel caso di concreta incertezza multidirezionale non si deve correre il rischio di mettere in galera un innocente, meglio avere un colpevole fuori".