
«Poi capirete tutto». Così dall'interno della macchina investigativa si risponde alla domanda che da ieri mattina incombe sull'interminabile caso Garlasco: cosa ha spinto la Guardia di finanza a chiedere di analizzare, oltre ai conti dell'ex procuratore Mario Venditti e di altre dodici persone, anche quelli del giudice preliminare pavese Fabio Lambertucci, il gip che accolse rapidamente la richiesta di archiviazione avanzata da Venditti della prima indagine su Andrea Sempio? Lambertucci è verosimilmente il «gip» citato insieme a Venditti nell'appunto in cui il padre di Sempio parla di un pagamento di «20.30 euro» per l'archiviazione delle accuse.
Ma è bastato questo per metterlo nel mirino dell'indagine? Sì, secondo la Gdf. No, secondo la Procura di Brescia che l'estate scorsa respinge lo «spunto investigativo» offerto dalla Finanza, e rifiuta gli accertamenti bancari a carico del gip. Come pure quelli a carico delle sorelle Cappa, del padre Ermanno e dello zio Cesare, tutte comparse di lungo corso nelle indagini sull'uccisione di Chiara Poggi, ma finora rimaste
estranee a tutte le accuse di concorso nel delitto. Cosa ha portato ora le Fiamme gialle a voler scavare su di loro? L'input è arrivato al Gico dalla Procura di Pavia, sulla base di atti di indagine ancora coperti da segreto. Ma la Procura di Brescia, che finora è sembrata agire di concerto con quella pavese, ha rifiutato anche per le Cappa gli accertamenti. Accertamenti concessi invece a carico dell'ex procuratore Venditti e dei suoi carabinieri di fiducia Silvio Sapone e Giuseppe Spoto, anche loro perquisiti la settimana scorsa. Risultato delle analisi dei conti: nessuna anomalia per Venditti, mentre invece Sapone risulta spendere una media di mille euro al mese (incompatibile col suo stipendio da maresciallo) in centri scommesse, e per Spoto si parla di entrate azzerate dalle uscite. Sui conti della famiglia Sempio, l'analisi conferma l'inspiegabile andirivieni di versamenti e prelievi per contanti (tra il 29 dicembre 2016 e il 6 giugno 2017 hanno «monetizzato» tra «assegni e prelievi» 35mila euro) nei mesi a ridosso dell'archiviazione dell'inchiesta. Sono i fondi che la Procura bresciana ritiene destinati a Venditti, ma di cui sui conti dell'ex procuratore non appare traccia. È un elemento a favore di Venditti. Ma nemmeno la Procura bresciana ha la certezza che i soldi dei Sempio siano arrivati davvero all'ex collega. Non si esclude che i contanti si siano fermati strada facendo, in una rete di rapporti più complessa tra Venditti, i carabinieri, potentati locali, di cui ora è accusato di fare parte anche il pm milanese Paolo Mazza, a lungo a Pavia con Venditti: indagato
per corruzione e perquisito giovedì, ma ieri presente al suo posto nella procura ambrosiana. All'accusa di corruzione per i favori ricevuti dai fratelli Raffaele e Cristiano D'Arena in cambio dell'appalto per le intercettazioni, a Venditti e Mazza viene contestato anche il peculato per avere noleggiato (sempre dai D'Arena) auto di grossa cilindrata a spese della Procura che usavano per i loro bisogni personali: importo, 750mila euro.
Insieme all'indagine sui retroscena di tangenti e di favori del grumo di affari del «Sistema Pavia», continua anche l'inchiesta principale, la contro-indagine sull'omicidio di Chiara Poggi, con Sempio come unico indagato.
La Procura pavese ora punta a smontare l'unico elemento che finora escludeva la presenza di Sempio sul luogo del delitto: l'impronta numero 42 lasciata dall'assassino nel sangue di Chiara, mentre il nuovo indagato porta il 44. Dagli accertamenti a Civitanova Marche presso la fabbrica della suola, sarebbe emerso che in realtà potrebbe essere stata montata anche su una scarpa Frau di dimensioni maggiori.