Garlasco, è "guerra" sull'impronta 33: cosa succede adesso

I consulenti della famiglia Poggi sostengono che quell'impronta non sia attribuibile a Sempio, i tecnici di Stasi vogliono dimostrare il contrario

Garlasco, è "guerra" sull'impronta 33: cosa succede adesso
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Tra i consulenti delle parti del caso di Garlasco è "guerra" sull'impronta 33, quella repertata sulla parete destra delle scale dove è stata trovata morta Chiara Poggi. Lo scorso maggio, la procura di Pavia l'ha attribuita ad Andrea Sempio per 15 minuzie dattiloscopiche ma i consulenti della famiglia Poggi, oltre a quelli dello stesso indagato, hanno presentato una relazione con la quale smentiscono quella della procura e sostengono che l'impronta, così come stabilito anche all'epoca dei fatti, non è attribuile. Manca la relazione dei consulenti di Stasi che, invece, vogliono dimostrare il contrario.

La consulenza tecnica del dattiloscopista Calogero Biondi e del criminalista Dario Redaelli, ingaggiati dalla famiglia Poggi, sostiene che l'impronta 33 non è di Andrea Sempio e "non è utile per i confronti dattiloscopici". In base ai loro risultati, sarebbe stata prodotta da un palmo "in movimento, sudato, magari sporco, ma non insanguinato". È stata lasciata a una distanza dalla porta a libro di 114 centimetri e a un'altezza dal secondo gradino tra i 135 e i 156 centimetri, "facilmente raggiungibile per chiunque impegnasse la scala, curva, ripida, priva di corrimano ma soprattutto di appoggio a sinistra nel primo tratto" che si apre quasi sul vuoto. Sono 22 pagine di consulenza in cui i consulenti dei Poggi contestano scientificamente anche il metodo usato dai consulenti che ne hanno attribuito la paternità, ossia che siano partiti dall'impronta del sospettato e non dal reperto. A loro parere "nel frammento in esame non c'è sufficiente nitidezza, non c'è distinzione tra cresta papillare e solco. Tra le 15 minuzie segnate solo 7/8 hanno caratteristiche qualitative appena sufficienti per essere confrontabili". Per Redaelli e Biondi "le corrispondenze appena visibili si fermano a 7, non c'è niente di nitido, qualcosa è stato segnato dove non è presente la minuzia o in una posizione non corrispondente".

Ma i consulenti di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per l'omicidio della fidanzata, discordano. La consulenza chiesta dagli Giada Boccellari e Antonio De Rensis dev'essere ancora consegnata, ma dovrebbe essere questione di giorni.

I loro tecnici hanno avuto l'incarico di verificare se quell'impronta potesse essere impressa nel sangue, ed eventualmente dimostrarlo, prima che venisse fatta reagire con la ninidrina, che inisce le reazioni al sangue. Questo allo scopo di dimostrare che può essere collegata alla scena del delitto.

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