
Nessuna giustizia riparativa per Filippo Turetta, il giovane finito in carcere per l'omicidio di Giulia Cecchettin. Gino Cecchettin, padre della vittima, ha infatti allontanato questa possibilità in cui il 23enne condannato in primo grado all'ergastolo forse sperava.
Col termine giustizia riparativa si intende un percorso incentrato sulla riparazione dei danni causati dal reato, e prevede un coinvolgimento attivo del responsabile attraverso il dialogo, la mediazione e la riconciazione. In sostanza si va a integrare la giustizia penale tradizionale andando ad arricchire il percorso, non a sostituire dei passaggi. Presto comincerà il processo d'Appello e Turetta potrebbe presentare tale richiesta. Gino Cecchettin, però, deve essere d'accordo. Il 23enne, infatti, vorrebbe il consenso del padre di Giulia.
Consenso che, evidentemente, non arriverà. Intervistato a Dentro la notizia, trasmissione su Canale 5, Cecchettin ha affermato di credere nella giustizia riparativa, ma di riuscire a vederla applicata in questa circostanza. Si tratta infatti di un "percorso che deve passare attraverso l'autoconsapevolezza, prima attraverso le scuse e poi alla richiesta di perdono. Tutto questo percorso non è iniziato. Uno deve fare un esame di coscienza, un gesto chiaro, dire che si può sbagliare nella vita. Filippo ha sbagliato e ha fatto del male, ha fatto tanto male. E quindi deve partire dalla consapevolezza di quello che lui ha fatto, e la consapevolezza ti porta alle scuse, che non sono arrivate mai, e poi ad una richiesta di perdono eventuale, e neanche questa è arrivata", ha dichiarato.
Secondo il papà di Giulia, in sostanza, sarebbe troppo tardi. "Può sempre iniziarlo, però in vista dell'appello mi sembra troppo tardi". Del resto, l'uomo si è recato spesso in carcere per parlare con i detenuti e fare esperienza. Ha potuto constatare che questo tipo di percorso funziona. "Uno strumento che reputo valido per il recupero delle persone e il reinserimento nella società. Però chiaramente deve essere fatto con consapevolezza.
Non deve essere uno strumento retorico al fine di avere uno sconto di pena. Per quanto io mi sia espresso comunque senza odio, abbiamo un patto sociale che ci siamo dati, che sono le leggi, e chi lo lo rompe deve ovviamente sottostare al giudizio dei giudici, che io rispetto".