
Alessia Pifferi era completamente in grado di intendere e di volere nel momento in cui decise di lasciare da sola per una settimana la piccola Diana, poi morta di stenti nel luglio del 2022.
È questo in sostanza il risultato della perizia psichiatrica effettuata su disposizione della Corte d'assise d'appello di Milano nel processo di secondo grado per omicidio volontario aggravato a carico della donna e depositato nella giornata di ieri, lunedì 25 agosto. Un lavoro andato avanti per circa sei mesi, dal momento in cui, nello scorso mese di febbraio, i giudici popolari guidati dal presidente Ivana Caputo affidarono il delicato compito a un pool di esperti composto dallo psichiatra bresciano Giacomo Francesco Filippini, dalla docente di neuropsicologia e scienze cognitive presso l'Università Bicocca Nadia Bolognini e dallo specialista in neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza Stefano Benzoni.
Ai tre professionisti fu conferito l'incarico di valutare se la 40enne fosse effettivamente "affetta da patologie psichiatriche" e da"alterazioni clinicamente significative della sfera cognitiva" tali da avere "interferito sulla capacità di intendere e di volere escludendola del tutto o scemandola gravemente" al momento dei fatti e nelle due occasioni precedenti nelle quali la piccola Diana fu lasciata da sola in casa sopravvivendo, vale a dire dal 2 al 4 luglio e dall'8 all'11 luglio del 2022.
Il team di lavoro, dopo un'indagine condotta per sei mesi all'interno del carcere di Vigevano, in cui la Pifferi è ristretta dopo la condanna all'ergastolo, è arrivato alle stesse conclusioni del processo di primo grado. I risultati del lavoro saranno illustrati in aula durante l'udienza in programma il prossimo 24 settembre e valutati dai consulenti selezionati da accusa e difesa.
Stando alle prime indiscrezioni circolate, i periti hanno redatto un documento di qualche migliaio di pagine, nelle quali vengono riportati i risultati dei colloqui svolti in questi mesi con la Pifferi, così come quelli dei test a cui la donna è stata sottoposta. Le conclusioni dello studio, riassunte in circa una trentina di pagine già depositate e a disposizione di giudici, accusa e difesa, confermerebbero in sostanza che la 40enne era completamente capace di intendere e di volere nel momento in cui decise di abbandonare la figlia di 18 mesi in casa per trascorrere una settimana col compagno dell'epoca.
Nella loro valutazione, i tre periti hanno sottoposto ad analisi anche la documentazione scolastica e sanitaria inerente la donna in età pre-adolescenziale, rilevando un "disturbo" nell'età infantile che tuttavia a giudizio loro non avrebbe inciso sulle capacità cognitive e sul comportamento della Pifferi di circa 25 anni dopo.
Pare probabile che il risultato della perizia possa diventare fondamentale anche nella valutazione del "Pifferi-bis", caso che vede imputati per falso e favoreggiamento personale l'avvocato della 40enne, il suo consulente di parte e alcune psicologhe del carcere di San Vittore, accusati in concorso di aver manipolato il test di Wais per far risultare un quoziente intellettivo di 40 alla Pifferi e consentirle di evitare l'ergastolo. In questo caso l'appuntamento in aula è per il prossimo 11 settembre.