
È un day after amaro quello che fa seguito al rinvio a giudizio di sei militari per la tragedia del naufragio di Cutro. Nel governo e nel centrodestra il sentimento prevalente oscilla tra la solidarietà e l’indignazione. A processo, dal 14 gennaio 2026, andranno quattro operatori della Guardia di Finanza e due delle Capitanerie di Porto, accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Secondo la Procura di Crotone, la notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023 ci furono gravi sottovalutazioni nei soccorsi al caicco Summer Love, naufragato a Steccato di Cutro: morirono 94 persone, tra cui 35 minori.
A finire sotto accusa sono Giuseppe Grillo, Alberto Lippolis, Antonino Lopresti e Nicolino Vardaro per la Guardia di Finanza; Francesca Perfido e Nicola Nania per la Guardia Costiera. Il pubblico ministero Pasquale Festa ha ricostruito un quadro di mancate comunicazioni tra i corpi coinvolti, carenze nei mezzi e nell’interpretazione delle regole operative in vigore dal 2005.
Dura la reazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: “Sono certo che dimostreranno la loro estraneità. Non si può estendere la responsabilità della tragedia a chi ogni giorno salva vite in mare. La responsabilità per le disgrazie causate dalla spietatezza dei trafficanti di esseri umani non può essere in alcun modo estesa a chi ha sempre lavorato quotidianamente per assicurare la salvaguardia della vita delle persone in mare e l’affermazione della legalità in scenari complicati. Saremo vicini a loro in ogni modo per sostenerli in questa battaglia”.
Sulla stessa linea Andrea Delmastro delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia, che difende l’operato delle forze in divisa e punta il dito contro i trafficanti, definiti “i veri assassini”. “Essere al fianco di chi opera quotidianamente per salvare vite in mare è un dovere istituzionale” dichiara “ed è una battaglia per la verità: i soccorritori rimangono tali, così come gli assassini scafisti rimangono tali”.