Omicidio Noemi Durini: il killer in un carcere per adulti

Lucio Marzo trasferito dal carcere minorile a una struttura per adulti. Nelle scorse settimane era stato inseguito e fermato in stato di ebrezza dalle forze dell'ordine

Omicidio Noemi Durini: il killer in un carcere per adulti
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La raggiunta maggiore età, l’inseguimento e lo stato d’ebbrezza. Il killer di Noemi Durini è finito nella casa circondariale di Sassari: era minorenne quando commise il suo crimine e quindi collocato in una struttura carceraria per minori, ma oggi Lucio Marzo ha 24 anni. E quest’estate, durante un permesso premio, era stato fermato dopo un inseguimento dalle forze dell’ordine, che avevano constatato come si trovasse in stato di ebrezza.

Noemi Durini fu uccisa il 3 settembre 2017: l’autopsia stabilì che era stata picchiata, accoltellata e infine sepolta viva. All’inizio sembrò un caso di scomparsa come tanti, ma dopo 10 giorni Marzo confessò. Fu condannato dopo due gradi di giudizio, perché rinunciò alla Cassazione, a 18 anni e 8 mesi di reclusione e collocato nel carcere minorile di Quartucciu, sempre in Sardegna.

Dopo i fatti di questa estate, come riporta il Corriere Salentino, la madre di Noemi Durini, Imma Rizzo, ha fatto richiesta, trasmessa al Ministro della Giustizia e al Capo di Dipartimento per la Giustizia minorile e attraverso la propria legale Valentina Presicce, che Marzo fosse trasferito in un carcere per adulti, poiché incompatibile con i percorsi riabilitativi della giustizia minorile.

Il trasferimento è quindi avvenuto, “con la speranza che, constatata ormai la sua pericolosità sociale, non gli vengano più concessi permessi premio e che quanto accaduto faccia comprendere l’importanza di una valutazione concreta della pericolosità sociale di un condannato prima di concedere un permesso premio”, ha commentato Presicce.

L’avvocato ha anche sottolineato che si dovrà indagare sul fatto che Marzo abbia preso la

patente in carcere, richiedendone la revoca: “Pretendiamo che quanto accaduto in Sardegna non accada più perché è inaccettabile in una società civile. Lo Stato deve tutelare le vittime, non gli assassini”.

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