Cronaca giudiziaria

Ong e migranti, la minaccia di Casarini: "Se mi rinviano a giudizio..."

L'ex Tuta bianca risponde alle domande di Quarta Repubblica sul caso delle Ong e l'inchiesta di Ragusa

Ong e migranti, la minaccia di Casarini: "Se mi rinviano a giudizio..."

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È la verità di Luca Casarini, l’ex Tuta bianca passata dalle lotte no global ai salvataggi in mare per approdare, infine, al Sinodo del Papa. Dopo l’inchiesta della procura di Ragusa, dopo la pubblicazione delle chat e dei messaggi, dopo l’emergere di quella spasmodica ricerca di denaro nella Chiesa per finanziare le missioni della Ong Mediterranea, ora Casarini risponde alle domande di Quarta Repubblica.

Lo fa al telefono, intervistato da Lodovica Bulian. È il 10 settembre del 2020 quando la Mare Jonio salpa dal porto di Licata alla volta delle acque internazionali per, scriveva Casarini in un messaggio, “andare a prendere quelli della Etienne”. S’intende i 27 migranti che erano a bordo della nave mercantile danese, da 38 giorni in attesa di un porto da Malta. Per gli inquirenti, la Mare Jonio sarebbe partita appositamente per “liberare” il mercantile dalla scomoda presenza di stranieri a bordo (che rallentano il viaggio delle merci) e per questo servizio avrebbe incassato 125mila euro dalla compagnia danese proprietaria della Maersk. Casarini e altri sono indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tutto pianificato e dietro la promessa di denaro?

L’ex no global nega. “Sarà dimostrato già in udienza preliminare” che è tutto falso, assicura alla trasmissione di Nicola Porro. Quei soldi “erano la forma di donazione e di supporto per una nave che li ha aiutati”. Un “discorso normale”, niente di “illegale” perché altrimenti “non userebbe i bonifici tracciati”. Casarini rivendica il fatto che l'Ong è stata premiata in Danimarca con una cerimonia pubblica per quel soccorso con tanto di elogio ai "Marinai dell’anno. “Quando abbiamo fatto questa operazione di trasbordo siamo stati sequestrati e ci hanno detto: ‘State passando tutto questo solo perché ci avete aiutato? Allora vogliamo aiutarvi”. Da qui il sostanzioso bonifico.

Perché, però, il direttivo di Mediterranea non doveva saperlo? Risponde Casarini: “La Maersk richiedeva riservatezza”. E perché fare la fattura alla compagnia armatoriale della Mare Jonio e non direttamente alla Ong? Solo un modo per “tenere il rapporto dentro un meccanismo che non provocasse (ai danesi, ndr) pubblicità”. E perché ci furono contatti tra l’associazione di armatori danesi e Mediterranea ben prima del trasbordo in acque internazionali? “La Maersk poneva il problema a tutti, alle autorità, alle Ong, chiedeva a tutti di fare qualcosa. Quando siamo partiti ci hanno chiesto aiuto. Ed essendo noi in mare eravamo obbligati a intervenire”. Bene. Ma perché non avete avvisato l’Italia? “È arrivata una comunicazione in mare”.

Nega tutto, Casarini. E forse anche l’evidenza. Di fronte alla giornalista che gli fa notare come l’Ong sapesse benissimo che la nave era salpata proprio per andare a prendere quei migranti, e che non sembra si sia trattata di una richiesta di aiuto estemporanea, Casarini fa orecchie da mercante: “Erano stati ipotizzati scenari ma non c’erano stati contatti preventivi”. Vero? Falso? Sarà un giudice a stabilirlo. Il rinvio a giudizio sarà deciso il prossimo 13 febbraio. E se le cose dovessero andare male, Casarini minaccia: "Come testimone chiamerò il governo italiano.

Mi devono spiegare perché per 38 giorni non sono intervenuti".

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