Orrore nella sala colloqui di Rebibbia: così ha stuprato la sua legale

L'avvocatessa era andata in carcere per parlare della strategia difensiva col suo assitito. L'uomo ha tentato di abusarne e ieri è stato condannato per violenza sessuale

Orrore nella sala colloqui di Rebibbia: così ha stuprato la sua legale

Era andata in carcere per discutere della strategia difensiva con il suo assistito, un detenuto nel carcere di Rebibbia. E invece, l'avvocatessa si è ritrovata a diversi difendere da un tentativo di stupro, messa all'angolo dall'uomo nella sala colloqui. Il pregiudicato, A.M. (le iniziali del nome), 43 anni, che due settimane fa è tornato in libertà dopo aver scontato la pena per reati relativi allo spaccio di droga, ieri mattina è stato condannato a due di anni di reclusione per violenza sessuale.

L'orrore nel carcere

Stando a quanto riporta l'edizione cartacea de Il Messaggero, i fatti risalgono a settembre del 2017. A.M. si trova nel carcere di Rebibbia per aver commesso una serie di reati legati allo spaccio di stupefacenti e ricettazione. In attesa del processo, il suo legale affida il caso a una collaboratrice dello studio, un praticante avvocato di 30 anni. L'avvocatessa decide di fare visita all'assistito e, nei primi colloqui, imparano a conoscersi. Ad un certo punto, però, l'atteggiamento del detenuto cambia: diventa esplicito fino a dichiare il proprio interesse nei confronti della professionista. Lui, sotto falso nome, le invia anche delle lettere in cui esprime i suoi sentimenti. Lei risponde che quelle avances sono inopportune dal momento che li lega un rapporto professionale.

Le lettere

"Anche se quello che mi dici da donna può farmi piacere, come tuo avvocato mi mette in profonda difficoltà. Non mi fa sentire a mio agio", replica il legale. "Se vuoi che continui ad essere il tuo avvocato. - scrive la professionista nell'ultima lettera - devi cambiare atteggiamento, perché ricordati che quei bastardi vedono tutto. Posso essere tua amica, ma tra noi due non ci deve essere niente". Nonostante il rifiuto categorico alle avances, la donna decide di presentarsi a colloquio con l'assistito.

La violenza sessuale

È una mattina di settembre. Non appena l'avvocatessa arriva nella sala colloqui del carcere di Rebibbia, l'uomo prova a baciarla. Lei lo respinge ma lui, mentre la vittima tenta di allontanarsi, cerca di tirarle su la maglietta. La donna si rifugia in bagno e tenta di recuperare la calma. Prima di rientrare nella stanza, avvisa la polizia penitenziaria dell'accaduto. Due agenti si nascondono dietro alla porta, pronti ad intervenire in caso di necessità. Il detenuto, ignaro di essere osservato a vista, non si fa scrupoli: afferra la professionista per un braccio costringendola in un angolo. A quel punto lei grida aiuto.

Quando i poliziotti entrano nella sala, trovano il 43enne con i pantaloni abbassati: "Che sto facendo di male?", si difende. Ieri è stato condannato a due anni di reclusione per violenza sessuale.

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