
L'ennesimo dolore per una mamma che è ha visto morire in un incidente d'auto la figlia, la sorella e la nipote ed è stata condannata a due anni di reclusione per averlo provocato, è arrivato nel leggere le motivazioni della sentenza in cui il giudice spiega che ci sarebbe stato lo spazio sufficiente per frenare ed evitare di schiantarsi con l'auto contro il tir che la precedeva sulla A22. Invece quel tragico 17 ottobre del 2017 la torinese Monica Lorenzatti non sarebbe stata abbastanza reattiva per evitare la tragedia che le ha distrutto la famiglia.
Sebbene da parte dell'autista del camion ci sia stata una frenata «ingiustificata e imprudente», tanto da passare improvvisamente da 90 a 7 chilometri orari di velocità, a detta del giudice Massimo Rigon la donna al volante avrebbe potuto evitare il devastante scontro: «È stato calcolato - si legge nelle motivazioni - che aveva a disposizione almeno 70 metri per rallentare, uno spazio sufficiente ad arrestare la marcia prima dell'impatto o consentirle di arrivare all'urto a velocità ridotta». Durante il processo la difesa dell'imputata aveva invece sempre sostenuto che «il fatto era imprevedibile e inevitabile».
La Lorenzatti fu l'unica sopravvissuta, anche se da quel giorno è morta dentro anche lei. Nella sua auto viaggiavano la figlia, Gioia Virginia Casciani, che aveva 9 anni, e la cuginetta Ginevra Barra Bajetto, di 17 anni. Erano entrambe pattinatrici e stavano rientrando da Merano dove avevano preso parte ad una manifestazione sportiva. Viaggiavano sui sedili posteriori senza indossare le cinture di sicurezza. La sorella della donna al volante e madre di Ginevra rimase ferita gravemente e morì venti mesi più tardi.
All'altezza di Mattarello, in provincia di Trento, il camionista aveva «frenato improvvisamente ed energicamente, passando da 90 chilometri all'ora a 7 nell'arco di 5 secondi», «senza che vi fosse la necessità» di tale frenata. Per il giudice, però, la Lorenzatti avrebbe avuto lo spazio per accorgersi del rallentamento. Le luci dello stop del mezzo pesante, diversamente da quanto aveva sostenuto al processo la difesa della donna, erano accese e le perizie tecniche non hanno riscontrato alcun difetto tecnico o malfunzionamento.
Gli avvocati della donna, Claudio Tasin, Karol Pescosta e Marco Rossi, hanno annunciato il ricorso in appello,
ed anche il legale del camionista, Alberto Marchetti, condannato anche lui a due anni di reclusione per omicidio colposo con la pena sospesa. Come la mamma di Gioia Virginia, che però la sua vera pena non la espierà mai.