«La pista nera sulle stragi del 1992 vale zero tagliato». Con una frase lapidaria in commissione Antimafia il Procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca mette una pietra tombale sulle ricostruzioni di Report, Fatto quotidiano, Repubblica, Domani e sull’antimafia militante che per anni ha inseguito i fantasmi. «Ci appare un po’ strano, un po’ singolare che si insista sulla pista di Stefano Delle Chiaie (morto nel 2019, ndr)», il terrorista nero a capo di Avanguardia nazionale che secondo alcune rivelazioni sarebbe stato in Sicilia nei giorni della maledetta estate delle stragi di Capaci e Via d’Amelio. «Mi pare una autentica perdita di tempo e già ne abbiamo perso abbastanza su questa pista, continuare a parlare di questa vicenda».
Le testimonianze del luogotenente Walter Giustini, del collaboratore di giustizia Alberto Lo Cicero e della sua compagna Maria Romeo sull’attentato del 23 maggio 1992 in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre poliziotti della scorta non sono considerate credibili dalla Procura nissena, così come le notizie di un incontro fra l’estremista nero e il boss mafioso palermitano Mariano Tullio Troia, nella primavera del 1992, con tanto di sopralluogo nel tunnel sotto l’autostrada dove poi fu piazzato l’esplosivo.
Eppure Report se l’è bevute come oro colato nonostante ci sia «un’archiviazione tranciante del Gip, un gip fra parentesi che non è certamente appiattito sulle nostre posizioni.
Diverse volte ci ha dato torto - dice ancora De Luca in Antimafia - certe volte abbiamo appellato, certe volte ha avuto ragione lui e certe volte però abbiamo avuto ragione noi».Questo non significa che lo stragismo di destra storicamente in Italia non ci sia stato, ma «allo stato non ci sono prove né elementi concreti che sia collegato alle stragi del ’92», ha concluso De Luca.