Rosa e Olindo sperano: ipotesi di revisione per il processo di Erba

Il Pg di Milano al lavoro su nuovi testi e intercettazioni ambientali. I coniugi condannati all’ergastolo nel 2010

Rosa e Olindo sperano: ipotesi di revisione per il processo di Erba

C’è un processo da rifare. È quello sulla strage di Erba, che la notte dell’11 dicembre 2006 sconvolse l’Italia per l’efferatezza della mattanza costata la vita a Raffaella Castagna, a suo figlio Joussef, a sua madre Paola Galli e alla vicina di casa Valeria Cherubini. Ma a chiederlo non sono (solo) i legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo in Cassazione, ma la Procura generale di Milano attraverso Cuno Tarfusser.

Che si sarebbe studiato le sentenze e avrebbe condiviso alcuni dei dubbi che in questi ultimi 16 anni libri come Il grande abbaglio e inchieste del Giornale, di Oggi e dal 2019 di Antonino Monteleone delle Iene hanno sollevato rispetto alla condanna dei due coniugi. Dubbi condivisi anche da Azouz Marzouk, marito di Raffaella, rispetto alle confessioni, inconciliabili con i rilievi dei Ris. Dubbi rispetto alla macchia di sangue trovata dai carabinieri di Erba, di cui manca persino la foto e su cui è plausibile ipotizzare una contaminazione involontaria, come ammise off the record alle Iene chi fece i rilievi. Dubbi sul riconoscimento del super testimone Mario Frigerio, marito della Cherubini, che appena sveglio indicò in uno straniero («Non era di qui») di etnia araba e di carnagione olivastra il suo forzuto aggressore. Ci sarebbe una perizia, allegata alla richiesta di revisione (fondata anche su nuovi testimoni e su intercettazioni ambientali mai prese finora in considerazione) che Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux presenteranno a Brescia e che «andranno a impattare su tutte le prove a carico dei coniugi, riconoscimento tardivo compreso», dice Schembri al telefono. Ma non basta, perché come ha recentemente scoperto il collaboratore del Giornale Edoardo Montolli c’è un buco proprio nelle intercettazioni: mancano interi giorni di audio nella stanza d’ospedale di Frigerio, proprio quando il nome di Olindo salta fuori. Ci sono prove distrutte in spregio alla Cassazione, ci sono piste legate questioni familiari, alla droga e alla ’ndrangheta mai esplorate, ci sono elementi in contraddizione come l’orario in cui le luci sono state staccate, l’accelerante usato per l’incendio di cui non si parla nelle confessioni, impronte e Dna estraneo sia ai coniugi, sia ai soccorritori sia alle vittime, tutti elementi che impediscono di considerare la sentenza di condanna definitiva al di là di ogni ragionevole dubbio. Da ieri lo pensa anche la procura generale di Milano, come hanno scoperto i segugi di Adnkronos. Secondo i cronisti dell’agenzia diretta da Gianmarco Chiocci Tarfusser avrebbe fatto alcune considerazioni, contenute in una relazione su cui dovrà esprimersi l’avvocato dello Stato Lucilla Tontodonati insieme alla procuratrice generale, Francesca Nanni. «Non si può parlare di revisione, ma è inutile negare che qualcosa si muove», fa sapere una fonte all’Adnkronos. Secondo altre indiscrezioni tra le ipotesi prese in considerazione ci sarebbe anche quella della frode processuale.

«Chi fino ad oggi ha pensato che le sentenze fossero l’unico modo per leggere la realtà di questa strage così complessa si è sbagliato di grosso. Evidentemente dubitare di una sentenza, ancorché definitiva, non è un’eresia.

Né giornalistica, né giudiziaria», commenta Monteleone.

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