
L'indagine sul caso di Garlasco per far luce oggettivamente sulla verità in merito alla morte di Chiara Poggi passa anche dall'impronta papillare 33. È stata repertata sulla parete delle scale della cantina dove è stato trovato il corpo della vittima e i periti incaricati dalla procura l'hanno attribuita ad Andrea Sempio per corrispondenza di 15 minuzie. Nel 2007, e successivamente, non erano state trovate corrispondenze e oggi il generale Luciano Garofano, che ai tempi dell'omicidio era comandante dei Ris di Parma che si sono occupati del repertamento, è consulente di parte proprio di Sempio. Ed è sua la consulenza, effettuata con Luigi Bisogno, in cui viene smentita la consulenza della procura su quell'impronta ma anche la ricostruzione della difesa di Alberto Stasi, la cui consulenza dev'essere ancora consegnata, in base alla quale in quell'impronta potrebbe esserci del sangue.
Secondo i consulenti di Sempio, infatti, la macchia ipotenare presente nelle immagini dell'impronta 33, non sarebbe stata causata dal sangue ma da un accumulo di sudore. Questo particolare reperto è stato ottenuto utilizzando la ninidrina, un particolare reagente che cambia colore a contatto con gli amminoacidi presenti nel sudore ma non col sangue. Nel 2007 pare fosse un'impronta latente, quindi non visibile a occhio nudo e che, per tale ragione, venne utilizzata la ninidrina. Ma questo composto chimico, se da un lato reagisce col sudore, dall'altra "cancella" il sangue. Tuttavia, delle macchie di colore diverso sull'impronta fanno sospettare ai consulenti di Stasi che del sangue potesse esserci ma oggi, in assenza del reperto fisico, non è possibile nemmeno effettuare una campionatura di materiale.
Inoltre, la difesa di Sempio sostiene anche quell'impronta non è del suo assistito e che non ci sono 15 minuzie di corrispondenza. Un errore che, a loro dire, i consulenti della procura potrebbero aver compiuto considerando come minuzie i segni sul muro. E aggiungono pure che non si tratta di una vera e propria impronta ma di tracce lasciate in tre momenti separati secondo una dinamica involontaria e composita. Quindi, a loro dire l'errore è maturato perché i consulenti avrebbero utilizzato un software per l'identificazione automatica, anche se nella relazione non viene menzionato questo strumento operativo.
In attesa che anche la difesa di Stasi depositi la propria consulenza sulla medesima impronta, a presentare la propria sono stati anche i consulenti di parte civile, ossia della famiglia Poggi, che hanno raggiunto conclusioni opposte rispetto a quelle della procura.