
Il rischio è che un’altra richiesta di estradizione si trasformi in una nuova mina da gestire per il governo, in un contesto internazionale quanto mai delicato, condizionato dalla partita sui dazi. Sarebbe la terza per l’Italia dopo i casi dell’iraniano Abedini, del russo Artem Uss, fuggito due anni fa mentre si trovava ai domiciliari a Basiglio, e del libico Almasri.
Xu Zuwei, il 33enne cinese arrestato il 4 luglio a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti che ora ne reclamano l’estradizione è già una questione diplomatica. Tanto che chiarimenti sulle intenzioni del nostro Paese sarebbero stati chiesti dal segretario di Stato Marco Rubio al ministro degli Esteri Antonio Tajani, durante il suo ultimo viaggio a Washington. L’uomo, tecnico di un'azienda informatica di Shanghai, è accusato dagli americani di aver agito per conto dei servizi segreti cinesi, attraverso tentativi di hackeraggio e sottrazione di informazioni sensibili all’università del Texas. Secondo il Dipartimento di giustizia degli stati uniti, tra il 2020 e 2021, “Xu e i suoi complici” avrebbero “hackerato e preso di mira università, immunologi e virologi statunitensi impegnati nella ricerca su vaccini, trattamenti e test per il Covid”. Un caso che, commentano dagli Usa, “descrive l'utilizzo da parte della Repubblica popolare di una vasta rete di aziende private e appaltatori in Cina per hackerare e rubare informazioni in modo da oscurare il coinvolgimento del governo cinese”.
L’estradizione di Zuwei pone l’Italia in una posizione scomoda, nel mezzo di braccio di ferro tra due super potenze. Da una parte gli Stati Uniti che pretendono, dopo il caso Uss, che il nostro Paese non solo tenga adeguatamente in custodia Zuwei, ma anche che acconsenta all’estradizione di quello che considerano un presunto criminale, che per di più è anche cittadino dell’acerrima nemica Cina. E dall’altra la Repubblica popolare, che potrebbe attuare ritorsioni commerciali nel caso si arrivasse alla consegna del suo cittadino.
Assistito dagli Avvocati Enrico Giarda e Simona Candido, Zuwei che si trova ora nel carcere di Busto Arsizio, ha respinto tutte le accuse, si è detto estraneo a ogni addebito. Presto i legali potrebbero depositare un’istanza di arresti domiciliari. “Stiamo lavorando come difesa su due fronti - spiega Giarda - Il primo riguarda capire la vita professionale di Zuwei negli anni 2019, 2020, 2021, visto che gli Stati Uniti lo accusano di aver usato il proprio account e di lavorare per la società Powerock.Ma lui nel 2020-21 non ci lavorava più, ed è difficile credere che qualcuno svolga attività spionaggio con il proprio account di posta elettronica. Riteniamo possa esserci stato un furto della sua identità digitale, potrebbe essere che la società in questione, forse proprio nel periodo come stagista diversi anni prima alla Powerock, ma si tratta di accertamenti in corso di approfondimento. Abbiamo anche chiesto l’assistenza del consolato cinese per risalire alla sua situazione lavorativa, e faremo istanza di arresti domiciliari, visto che riteniamo che non sussista alcun pericolo di fuga essendo entrato in Italia con un visto turistico regolare con i suoi documenti”.
Il dipartimento di giustizia americano deve ancora inviare alla corte d’appello e al ministero della giustizia il mandato d’arresto con la documentazione a supporto della richiesta di misura cautelare e di estrazione.