Dopo la scelta inusuale di Filippo Turetta, che ha rinunciato all'appello accettando l'ergastolo, arriva il secondo colpo di scena. Che di fatto «svuota» l'udienza (che resta calendarizzata per il prossimo 14 novembre) nell'aula bunker di Mestre. In quell'occasione, davanti alla Corte d'assise d'appello presieduta dal giudice Michele Medici, alle parti non resterà che prendere atto e formalizzare la doppia rinuncia e rendere così definitivo l'ergastolo per Turetta. A differenza di quanto scritto in precedenza, il verdetto diventa definitivo senza passaggio dalla Cassazione.
La Procura generale di Venezia aveva inizialmente deciso di procedere con il ricorso in appello per vedere riconosciute le aggravanti della crudeltà e dello stalking nei confronti dell'ex fidanzato, già condannato per il delitto aggravato dalla premeditazione e dal legame affettivo con la vittima. In una lettera, il giovane detenuto nel carcere veronese di Montorio aveva spiegato la sua rinuncia a difendersi assumendosi la «piena responsabilità per quello che ho fatto di cui mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del cuore».
«Riteniamo questa scelta coerente, giusta e pienamente condivisibile». La rinuncia «rende definitiva la sentenza di primo grado e cristallizza, senza più margini di dubbio, la sussistenza dell'aggravante della premeditazione: tra le circostanze più gravi e subdole previste dal nostro ordinamento»: i legali della famiglia di Giulia Cecchettin, gli avvocati Stefano Tigani, Piero Coluccio e Nicodemo Gentile, commentano così la decisione della Procura generale di non proseguire nell'impugnazione proposta.
«Un'aggravante (premeditazione, ndr) che assume un significato ancora più drammatico in una vicenda
omicidiaria caratterizzata, di fatto, da motivi abietti, arcaici e spregevoli, espressione di una visione distorta del legame affettivo e di un'idea di possesso che nulla ha a che fare con l'amore e il rispetto» aggiunge la difesa.