Cronaca giudiziaria

Uccisero il padre violento: i fratelli Scalamandrè condannati a 21 e 14 anni

Pasquale Scalamandrè era andato a casa della ex moglie, che si trovava in una comunità protetta in Sardegna per via delle violenze subite, per convincere i figli a ritirare la querela. Fu ucciso a colpi di mattarello e cacciavite

Uccisero il padre violento: i fratelli Scalamandrè condannati a 21 e 14 anni

Ascolta ora: "Uccisero il padre violento: i fratelli Scalamandrè condannati a 21 e 14 anni "

Uccisero il padre violento: i fratelli Scalamandrè condannati a 21 e 14 anni

00:00 / 00:00
100 %

Sentenza con colpo di scena a Milano nel processo bis per i fratelli Alessio e Simone Scalamandrè, accusati di avere ucciso il padre Pasquale Scalamandrè a San Biagio, in Valpolcevera, nell'agosto 2020. Quel giorno Pasquale Scalamandrè era andato a casa della ex moglie, che si trovava in una comunità protetta in Sardegna per via delle violenze subite dall'uomo, per convincere i figli - che all'epoca avevano 28 e 22 anni - a ritirare la querela per maltrattamenti contro di lui. Ne era nata una discussione e l'uomo era stato ucciso, prima colpito con un cacciavite e in seguito con un mattarello da cucina. I due fratelli sono stati oggi condannati a 21 anni e 14 anni di carcere: la corte d'Assise d'appello bis ha confermato la sentenza di primo grado.

Il processo ha avuto un percorso tortuoso. In appello Alessio Scalamandrè era stato condannato a 21 anni, il fratello Simone era stato assolto. La Cassazione aveva nel 2022 annullato la sentenza, sostenendo che andava rivalutata, per Alessio, l'attenuante della provocazione - viste le violenze subite e assistite in famiglia - e comunque che la sentenza andava rivista alla luce della decisione della Corte costituzionale sulle attenunanti nei casi di omicidi avvenuti in famiglia. Per Simone la Suprema Corte aveva ritenuto vi fosse un difetto di motivazione nella sentenza di secondo grado, rinviando quindi a un nuovo processo a Milano. I giudici d'appello avevano dedicato solo tre pagine di motivazioni a spiegare perché il ragazzo avrebbe colpito il padre solo lievemente e a mani nude, non contribuendo in modo attivo al delitto. La corte d'Assise d'appello di Milano - presidente Ivana Caputo, a latere Laura Anelli - ha invece respinto tutte le attenuanti, con un ritorno alla sentenza originaria di primo grado di 21 e 14 anni.

La sostitua pg Paola Pirotta, nel suo intervento, ha chiesto alla corte di accogliere la richiesta di concordato in appello (in accordo con le difese) per Alessio a 11 anni e a 8 anni e sei mesi per Simone. La pg ha sottolineato che “questa vicenda deve essere inserita in un contesto particolare”. Al momento del delitto, ha spiegato, era in corso una violenza verbale da parte di Pasquale nei confronti del figlio Alessio. Inoltre “è pacifico che i ragazzi hanno vissuto fin da piccoli in un clima di violenza, messo in atto nei confronti della loro mamma. Hanno assistito per tutta la vita a una violenza inaudita” e l'accusa ha ricordato che la donna “era stata minacciata anche con una pistola, e per questo affidata a una comunità protetta”. Per il sostituto procuratore generale, però, “è certo che anche Simone abbia partecipato all'evento” e lo proverebbero gli schizzi di sangue sui suoi vestiti. I due fratelli avrebbero tardato a chiedere i soccorsi e si sarebbero accordati sulla versione da dare.

I difensori di Alessio, con gli avvocati Luca Rinaldi e Andre Guido, hanno sottolineato che Pasquale Scalamandrè "minacciava con la pistola la madre. Vogliamo dire che questa situazione non si è riverberata su due quasi adolescenti che volevano proteggere la madre dalle interperanze del padre?", ha chiesto alla corte. Il 31 dicembre 2019 deflagra questa una situazione con la "raggelante minaccia del femminicidio. Alessio era a festeggiare il capodanno con i suoi amici" quando torna a casa per aiutare la madre che veniva minacciata dal marito. "La donna dopo anni di sofferenze era andata in questura a Genova per denunciare la polizia, la polizia sequestra la pistola, ma il gip non dà la custodia cautelare. Poi le dichiarazioni rese da Alessio l'8 gennaio fanno rivalutare la situazione al gip, che ritiene quindi di dare la misura dell'allontanamento della casa familiare". A quel punto, continua l'avvocato, "Scalamandrè non nega le minacce, ma produce un certificato di disagio psicologico". Il difensore ha anche sottolineato come il padre, nonostante il divieto di avvicinamento, fa diversi "accessi all'abitazione familiare" per convincere il figlio a cambiare posizione, anche se "Alessio non voleva". E ha anche sottolineato che la "madre peregrinava avendo cambiato ben quattro indirizzi segreti, visto che Pasquale ha continuato a cercarla".

Dopo la sentenza di oggi, che destato sgomento negli imputati presenti, l'avvocato Riccardo Lamonaco, che difendeva Simone insieme a Nadia Calafato, ha sottolineato: "Le sentenze non si commentano, ma si impugnano.

É ciò che faremo, impugneremo in Cassazione".

Commenti