"Erano ubriachi". Così i fratelli Bianchi chiedono l'assoluzione

I difensori di Marco e Gabriele Bianchi hanno impugnato la sentenza che ha condannato all'ergastolo i due fratelli per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte. L'atto di appello: "Gabriele non ha colpito la vittima né cagionato la morte"

"Erano ubriachi". Così i fratelli Bianchi chiedono l'assoluzione

Marco e Gabriele Bianchi "vanno assolti". Non hanno dubbi i legali dei due fratelli di Artena condannati all'ergastolo per l'omicidio di Willy Monteiro Duarte, massacrato di botte la notte del 6 settembre 2020 a Colleferro, in provincia di Roma. Nell'atto di impugnazione della sentenza emessa il 4 luglio scorso dalla Corte d'Assise di Frosinone, i difensori precisano che le "testimonianze raccolte nel processo di primo grado sono ritenute contraddittorie e poco attendibili - scrive la giornalista Valeria Di Corrado su Il Messaggero - e non c'è chiarezza su quale sia il colpo mortale" che ha cagionato la morte del 21enne di Paliano.

Le testimonianze

La notte del pestaggio mortale, avvenuto all'esterno di un bar di Colleferro, c'erano diverse comitive di ragazzi. Alcuni sono stati ascoltati dagli inquirenti per aver, loro malgrado, assistito al massacro del povero Willy. Secondo l'avvocato Vanina Zanu, legale di Marco Bianchi, i giudici "partendo da una convinzione assiomatica della responsabilità dell'imputato" avrebbero "estrapolato da ogni consulenza, da ogni dichiarazione testimoniale e da ogni altro contributo probatorio, solo ed esclusivamente i frammenti che andavano a dar contezza e ragione alla tesi accusatoria". Inoltre, riguardo i giovani testimoni, "un'indagine più accurata per comprendere chi e in che misura avesse quanto meno assunto alcolici, avrebbe probabilmente delineato lo scenario della reale attendibilità e della genuinità dei ricordi".

I media contro i fratelli Bianchi

Secondo l'avvocato Zanu, ad aggravare la posizione dell'assistito sarebbe stata la versione fornita dalla stampa che, sin dal primo momento, "ha ingaggiato una vera caccia al mostro identificando Marco Bianchi come un soggetto pericoloso, perverso, violento - ha spiegato il legale -Non è colto, ha gusti musicali di dubbio gusto, è calato in una realtà in cui è importante dare di sé - sui social - un'immagine di persona benestante e vincente, è rumoroso e per certi aspetti può apparire sgradevole. Ma oltre ad essere lo specchio della società in cui viviamo e in cui stiamo facendo crescere i nostri figli, non appare diverso da molti altri giovani che cercano di imitare stili di vita fatui, non contrastati, peraltro, da una risposta adeguata culturale da parte di nessuno". Dello stesso avviso sono anche gli avvocati Ippolita Naso e Valerio Spigarelli, del pool difensivo dei Bianchi. "Sotto la spinta di una formidabile pressione della pubblica opinione, - hanno spiegato - le condizioni di parità sostanziale, e non solo formale, tra le parti, così come la terzietà e l'imparzialità dei giudici, sono venute meno".

Il colpo mortale a Willy

Gli accertamenti autoptici hanno chiarito che, nella dinamica del brutale pestaggio, fu letale il colpo sferrato al petto di Willy.

"Se il colpo al torace inferto con il primo calcio sferrato a Willy e attribuito a Gabriele avesse realmente determinato una commozione cardiaca, la vittima avrebbe perso istantaneamente coscienza, il suo cuore avrebbe smesso di battere e non si sarebbe potuto rialzare in piedi né camminare", si legge nell'atto di impugnazione della sentenza. "Nessuno ha descritto l'agire di Marco Bianchi come una sorta di killer armato dei propri arti", ha precisato l'avvocato Zanu. L'essere un atleta di Mma "non lo rende una macchina da guerra".

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