Cronaca internazionale

In Messico si bombardano le nuvole per fermare la siccità

Dalla Cina agli Stati Uniti, il fenomeno del cloud seeding non è una novità, ma non mancano polemiche e dubbi sull’effettiva efficacia

In Messico si bombardano le nuvole per fermare la siccità
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La siccità continua a colpire, il Messico prova a correre ai ripari. Le autorità hanno infatti dato via al “bombardamento” delle nuvole per ottenere la pioggia: il famoso cloud seeding per aiutare il clima. Non è il primo Paese ad adottare questa strategia – studi ed esperimenti vanno avanti dal 1940 –, ma non mancano polemiche e dubbi sull’effettiva efficacia: nonostante la grande fiducia, non sono stati registrati risultati concreti nella modifica del clima.

Il “bombardamento” delle nuvole

Il Messico sta lavorando insieme a una start-up per implementare la propria campagna di cloud seeding in un momento particolarmente delicato. Agricoltori e allevatori sono in enorme difficoltà a causa della mancanza di precipitazioni, la crisi idrica sta attanagliando gran parte del Paese.

Da qui il “bombardamento” delle nuvole: gli esperti sparano delle sostanze chimiche nelle nuvole – il solito ioduro d’argento cristallino – che vengono poi trasportate all’interno delle nubi dalle correnti ascensionali. Così, secondo gli studiosi, queste attirano le goccioline d’acqua intorno al proprio nucleo e diventano abbastanza pesanti da cadere sotto forma di pioggia o di neve.

cloud seeding
Una miscela di cloruro di sodio e acqua viene rilasciata in aria dal retro di un aereo in Malesia.

Che cos'è il cloud seeding

Come anticipato, il Messico non è l’unico Paese a puntare sul cloud seeding. Dagli anni Quaranta si sono moltiplicati i tentativi di “orchestrare” il clima: dalla Cina agli Emirati Arabi, passando per gli Stati Uniti e più in generale i Paesi occidentali, dove il calore estremo ha vertiginosamente aumentato il rischio di siccità. Per l’inseminazione delle nuvole sono stati utilizzati diversi metodi: cannoni che sparano dal suolo, aerei o droni. Ma sul fenomeno rimangono ancora grossi dubbi, tant’è che l’Organizzazione meteorologica mondiale ha preferito non esprimersi sull’efficacia e più in generale sulla tecnica per stimolare le precipitazioni.

Secondo gli esperti, il cloud seeding produce un aumento delle precipitazioni dal 5 al 15 per cento. Interpellato da Cnbc, l’idrologo Jason Carkeet ha definito il “bombardamento” delle nuvole come un importante strumento di gestione dell’acqua: “Non possiamo fare accadere una tempesta e non possiamo crearne le condizioni ideali. Quello che stiamo facendo è solo sfruttare le condizioni esistenti, le condizioni naturali e cercare di rendere la tempesta più efficiente dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico”.

La scorsa estate il cloud seeding è tornato di moda in Cina, dove diverse regioni sono in ginocchio per le ondate di calore. Le autorità hanno dato il via libera alla semina delle nuvole, ma i risultati non sono stati all’altezza. Tornando indietro nel tempo, uno dei progetti più ambiziosi è stato quello messo a punto in Tibet, con una semina che avrebbe dovuto garantire 10 miliardi di metri cubi di pioggia artificiale ogni anno su 1,6 milioni di chilometri quadrati. E ancora, i tentativi degli Emirati Arabi e quelli di Russia e Israele.

Senza dimenticare l’Italia, con l’esperimento del 2003 in Puglia per il tratto che va dal Gargano al Salento, un progetto da 3 milioni e 600 mila euro.

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