La coperta militare degli Stati Uniti rischia di essere troppo corta. È questo, in sostanza, l'avvertimento che alcuni esperti stanno cercando di inviare all'amministrazione Trump, impegnato in più fronti d'azione ma nel bel mezzo di crescenti tensioni in diverse aree calde del pianeta. Nel caso in cui gli Usa, sottolineano alcuni analisti, dovessero concentrare le loro forze nell'emisfero occidentale, o comunque al di fuori della sfera asiatica, le forze statunitensi potrebbero non essere in grado di mantenere una solida presenza in Asia Orientale. Non in una zona qualsiasi, ma là dove sta prendendo forma la competizione con la Cina e cresce la minaccia rappresentata dalla Corea del Nord di Kim Jong Un.
I tre fronti caldi di Trump
Secondo quanto riportato da The Hill, Donald Trump starebbe valutando tre diverse operazioni militari, nessuna delle quali in Asia orientale. Il presidente Usa continua ad aumentare la presenza militare al largo delle coste venezuelane e a chiedere le dimissioni del presidente venezuelano Nicolas Maduro. Sebbene Trump abbia negato che gli Stati Uniti entreranno in guerra contro il Venezuela, sono emerse diverse segnalazioni secondo cui la Casa Bianca starebbe valutando diverse ipotesi per un'operazione militare contro Caracas.
Allo stesso tempo, Trump ha minacciato di usare la forza contro i radicali musulmani in Nigeria, in particolare Boko Haram. Alla fine della scorsa settimana ha scritto su Truth Social che "il cristianesimo sta affrontando una minaccia esistenziale in Nigeria" e che "migliaia di cristiani vengono uccisi". Ha aggiunto di aver definito la Nigeria un "paese di particolare preoccupazione" e in un secondo post ha scritto che se il presidente Bola Ahmed Tinbu non avesse agito per fermare "l'uccisione di cristiani", Washington non solo avrebbe interrotto tutti gli aiuti alla Nigeria, ma "potrebbe anche entrare in quel paese ora in disgrazia" a suon di armi spianate per spazzare via i terroristi islamici.
Last but not least, numerose segnalazioni indicano che l'amministrazione Trump starebbe valutando l'invio di truppe in Messico per combattere i cartelli della droga che operano in loco. Il tycoon si è pubblicamente rammaricato del fatto che la sua omologa messicana, Claudia Sheinbaum, continui a opporsi alle operazioni militari condotte dalle forze americane nel suo Paese.
Asia scoperta
Come per qualsiasi lotta contro Boko Haram, un'operazione contro i cartelli, anche se approvata dal presidente messicano Sheinbaum, richiederebbe l'impiego di migliaia di truppe di terra americane. E queste forze potrebbero richiedere molto tempo per portare a termine la loro missione. È certamente possibile che Trump non autorizzi nessuna di queste operazioni – fanno notare gli esperti - tuttavia, il fatto che abbia parlato dell'uso della forza militare in aree a cui i pianificatori del Dipartimento della Difesa tradizionalmente assegnavano una bassa priorità sembra riflettere la spinta annunciata nella Strategia di Difesa Nazionale di prossima pubblicazione.
Gli Usa potrebbero adottare una visione più rilassata di uno scontro con la Cina, visto che Trump ha affermato che il presidente cinese Xi Jinping gli avrebbe assicurato che Pechino non autorizzerà un attacco a Taiwan nei prossimi anni. In teoria, la promessa di Pechino potrebbe fornire a Washington la flessibilità necessaria per condurre operazioni militari lontano dall'Asia.
Le rassicurazioni di Xi potrebbero però essere inutili.
Se così fosse, le forze statunitense impegnate in operazioni più lunghe del previsto in America Latina o in Africa potrebbero essere sprecate qualora la Cina decidesse di attaccare Taiwan con Trump ancora alla Casa Bianca.