Visti falsi per 50.000 sterline: così i clandestini pachistani truffavano il Regno Unito (con il silenzio di Londra)

Un'inchiesta svela una rete che falsificava documenti per immigrati in cambio di migliaia di sterline. Oltre 10.000 visti concessi. E l’Home Office non se ne accorgeva. Scandalo per il governo Starmer

Fonte: Wikimedia Commons
Fonte: Wikimedia Commons

Che la politica di accoglienza estrema condotta dal governo inglese fosse fuori controllo lo sospettavano in molti ma ben pochi si erano resi conto del livello di organizzazione di certi truffatori. Un’inchiesta del quotidiano inglese The Telegraph ha smascherato una rete di consulenti che garantivano ai clandestini documenti falsi per fargli ottenere visti per lavorare nel Regno Unito. Questo “aiuto” arrivava dietro pagamenti non indifferenti, in alcuni casi 50.000 sterline ma il servizio era completo: referenze lavorative false, documentazione farlocca, tutto quel che serviva per ingannare i responsabili dell’Home Office. Il risultato? Oltre 10.000 visti concessi in un solo anno e uno scandalo che rende ancora più problematica la posizione del governo laburista di Keir Starmer.

Un visto pagato a peso d’oro

Alcune ditte di “consulenza visti”, come la Mirpur Visa Consultant, basata nella parte del Kashmir controllata dal Pakistan, non si facevano problemi a pubblicizzare i propri servizi online, vantandosi di come riuscissero a ingannare un sistema come quello inglese, a loro dire “facile da manipolare”. Il tasso di successo? 98% entro tre mesi ma niente garanzie. I risultati sono gli occhi di tutti: nel corso del 2024 sono state ben 10.542 le richieste di visto presentati da cittadini pachistani, un +80% rispetto all’anno precedente. Con un sistema criminale così efficiente, inutile rischiare la pericolosa traversata della Manica: Harjap Bhangal, avvocato specializzato nelle questioni dell’immigrazione dice che “non ne hanno bisogno. Sono il gruppo più numeroso che arriva con visto legale e non tornano mai in Pakistan”. Questi consulenti si fanno pagare migliaia di sterline per falsificare i documenti richiesti dalle autorità inglesi per concedere un visto, dai curriculum agli estratti conto bancari, tutto quel che serve per garantire che gli immigrati sono in grado di mantenersi una volta arrivati nel Regno Unito.

Starmer Piantedosi 2024

Un giornalista del Telegraph in incognito ha ottenuto un curriculum falso e una lettera di referenze completamente inventata, visto che fa riferimento a un ospedale della città di Mirpur chiuso cinque anni prima del periodo lavorativo in oggetto. La lettera di referenze, poi, è piena zeppa di errori grammaticali e mansioni lavorative che hanno poco senso: per non parlare del fatto che mancava sia il timbro ufficiale che la firma del responsabile del personale della struttura. Eppure, per smascherare la truffa bastava chiamare il numero di telefono indicato nel documento, una volta usato dall’ospedale ma che ora suona a vuoto quando chiamato. Le certificazioni accademiche e gli esami necessari per l’abilitazione di una persona che opera nel settore della sanità erano, chiaramente, del tutto inventate ma i responsabili dell’Home Office non si sono fatti problemi. Questa “infermiera” ha ricevuto un visto nel 2023 e sarebbe ancora presente nel Regno Unito: non è dato sapere se stia davvero lavorando in una struttura sanitaria o se stia solo ricevendo i tanti sussidi concessi dal fin troppo generoso sistema inglese.

Alla fine paga sempre il contribuente

Il sistema messo a punto da questi truffatori approfitta di una vulnerabilità nel sistema britannico che concede a chi entri nel paese con un visto lavorativo di continuare a essere impiegato anche mentre fa richiesta di asilo. Bhangal è sconsolato: “Se fai richiesta di asilo prima che il visto scada, puoi continuare a lavorare. L’Home Office è un’istituzione in rovina, non si rendono conto delle vulnerabilità del sistema e delle truffe compiute dai migranti”. Queste ditte di consulenza non limitano la propria azione al Regno Unito ma anche a vari paesi europei: i prezzi, ovviamente, variano a seconda della generosità del welfare di ogni stato. Se un visto lavorativo per la Bulgaria costa 9.150 sterline, i prezzi per entrare nel Regno Unito costano non meno di 32.700 sterline: a questi costi vanno aggiunti i costi per falsificare i vari documenti, che fanno salire il conto di parecchie migliaia di sterline.

Per chi non può permettersi di spendere cifre del genere, ci sono opzioni più economiche come un visto per studenti (da 10 a 12mila sterline) ma per quello bisogna conoscere l’inglese abbastanza bene da ottenere un buon voto all’esame Ielts, obbligatorio per entrare in un’università inglese. Le scappatoie ci sarebbero ovunque: i visti turistici francesi, lavori manuali in Bielorussia, muratori in Canada, contadini in Grecia e chi più ne ha più ne metta. Queste agenzie pubblicano video su Youtube, invitando chiunque a contattarli per maggiori informazioni ma sempre senza garantire il risultato.

I primi truffati, in molti casi, sono i pachistani che spendono gran parte dei propri risparmi per inseguire il sogno di vivere alle spalle dei contribuenti europei. Chi riesce ad arrivare, però, ha a propria disposizione cavilli su cavilli: Bhangal dice che “il trend è di arrivare con un visto per poi fare richiesta di asilo.

Ogni visto va bene: studenti che non vanno all’università, lavoratori della sanità che non trovano lavoro, anche semplici turisti. Basta arrivare comodamente in aereo, fare subito richiesta d’asilo ed è fatta. A pagare il conto, sempre e comunque, i tartassati ed umiliati contribuenti.

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