Il gioco sporco sulla libertà di stampa

Il Global Disinfromation Index si occupa da anni di fact cheking

Il gioco sporco sulla libertà di stampa
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Il Global Disinfromation Index si occupa da anni di fact cheking. Si tratta di una delle tante start up, sempre più popolari dopo l'elezione di Donald Trump nel 2016, le cui liste di proscrizione hanno una ricaduta effettiva sul destino del giornalismo indipendente. Le loro valutazioni, infatti, portano molte aziende a rinunciare agli spazi pubblicitari in siti considerati contraddittori o nocivi. Quest'anno UnHeard, una delle testate inglesi più popolari, si è vista recapitare nella casella di posta elettronica una letterina intimidatoria del Gdi contro la filosofa Kathleen Stock, ex docente della University of Sussex (ex, perché costretta a dimettersi nel 2021 proprio per via delle sue idee) e candidata al National Press Award 2024, colpevole di aver pubblicato articoli «gender critical». Il risultato? L'azienda delle inserzioni ha chiuso quasi completamente i rubinetti per un po'. Fin quando UnHeard non ha fatto quello che sa fare meglio, e cioè inchiesta, mostrando come troppo spesso queste aziende giudicatrici finiscano per basarsi esclusivamente su dei pregiudizi ideologici. Sono, come scrive in un editoriale il Times of London, delle «autoproclamate sentinelle dell'accuratezza delle notizie» che penalizzano chi non è d'accordo con loro. Come tutte le sentinelle urlano al nemico fuori dalle porte, senza chiedersi se quel nemico abbia o meno ragione.

Ma chi proteggono? Chi è dentro le mura? Fino al 2023 l'Ufficio degli Esteri inglese finanziava il Gdi. Tra i finanziatori passati e presenti (non si sa quali passati e quali presenti) ci sono anche l'Ufficio degli Esteri tedesco e l'Unione Europea. E così vien voglia di urlare come allo stadio: «Arbitro venduto».

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