I fratelli Menendez restano in cella: "Pericolo per la società"

Negata la libertà vigilata: "Sono ancora una minaccia". Dalla loro storia una serie Netflix

I fratelli Menendez restano in cella: "Pericolo per la società"
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Resteranno in carcere Joseph Lyle ed Erik Menendez, condannati per l'omicidio dei genitori nell'agosto 1989 nella villa familiare di Beverly Hills, vicenda sulla quale Netflix ha prodotto una stagione della serie Monsters in nove puntate mandata in onda nel 2024.

Lo ha deciso un tribunale di sorveglianza di Los Angeles, che in due differenti udienze, entrambe molto lunghe, ha negato la libertà vigilata dapprima al minore e successivamente anche al maggiore dei due fratelli. I giudici sono giunti alla conclusione che i Menendez sono «ancora un rischio per la società», soprattutto alla luce della loro condotta in prigione, dove si trovano dall'arresto avvenuto nel gennaio del 1990.

«Il 21 agosto è il giorno in cui la mia famiglia ha scoperto che i miei genitori erano morti, l'inizio del loro percorso di trauma», ha ricordato Erik, 53 anni, il primo a essere sottoposto all'esame della sua condotta, collegato in videoconferenza dal carcere di San Diego. L'uomo ha cercato di dimostrare di essere cambiato dietro le sbarre, parlando di fede, sobrietà e attività a sostegno dei detenuti più anziani a cui è stato costretto a partecipare. Ma la commissione ha elencato una serie di infrazioni da lui compiute: dall'uso del cellulare «in modo egoista, come se le regole per lui non valessero», a collaborazioni con bande, traffico di droga, violazioni disciplinari e persino uno schema di frode fiscale. Non è servito nemmeno l'intervento a suo favore di oltre dieci parenti, tra cui la zia Teresita Menendez-Baralt, malata di cancro, che ha dichiarato di averlo perdonato e di volerlo accogliere in casa. Stessa cosa anche per Joseph Lyle, 57 anni, che non è riuscito a convincere la commissione di non rappresentare più una minaccia per la società e si è visto negare la libertà vigilata.

Al termine di un processo altamente mediatico, i due rampolli furono riconosciuti colpevoli di omicidio volontario e condannati all'ergastolo senza condizionale nel 1996. Il tribunale accolse la versione dei procuratori, secondo cui i fratelli puntavano all'eredità milionaria del padre, pezzo grosso dell'industria discografica. La difesa sosteneva invece che i due, di 21 e 18 anni all'epoca, avessero agito dopo decenni di violenze e abusi sessuali inflitti dal padre e coperti dalla madre.

Dopo una lunga battaglia dei familiari per la revisione del caso, lo scorso maggio un giudice di Los Angeles ha ridotto la loro condanna a 50 anni, in quanto avevano meno di 26 anni al

momento del crimine, rendendoli eleggibili per la libertà vigilata. Il parere contrario del Board of Parole Hearings sbarra la strada alla scarcerazione. Solo tra tre anni i difensori potranno inoltrare nuovamente la richiesta.

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