
Per la prima volta in oltre sei decenni, la CIA ha implicitamente ammesso che un proprio agente specializzato in operazioni di guerra psicologica, George Joannides, era coinvolto in attività che lo misero in contatto diretto con Lee Harvey Oswald nei mesi precedenti l’assassinio del presidente John F. Kennedy. La rivelazione, emersa da un pacchetto di 40 documenti recentemente declassificati, segna un importante punto di svolta nel lungo dibattito sul coinvolgimento dell’intelligence americana nel caso JFK.
Chi era George Joannides
Il documento più significativo, datato 17 gennaio 1963, rivela che a Joannides fu fornita una falsa identità – “Howard Gebler” – e una patente contraffatta, alimentando il sospetto che l’agente operasse sotto copertura nei confronti del gruppo studentesco anticastrista Direzione Rivoluzionaria Estudiantil (DRE). Per decenni la CIA ha negato qualsiasi affiliazione con tale gruppo. Tuttavia, questo stesso gruppo fu protagonista di scontri pubblici con Oswald nell’estate del 1963 e giocò un ruolo centrale nel raffigurarlo come simpatizzante pro-Castro subito dopo l’assassinio.
Jefferson Morley, storico e giornalista esperto di JFK, ha dichiarato che la "copertura su Joannides è ufficialmente crollata", sottolineando come la nuova ammissione cambi profondamente la narrazione ufficiale sul ruolo dell’intelligence. Anche se i documenti non provano un coinvolgimento diretto della CIA nell’omicidio, essi dimostrano inequivocabilmente una lunga strategia di insabbiamento: dall’occultamento di informazioni fondamentali non solo alla Commissione Warren ma anche alle successive indagini parlamentari, sino agli anni '70.
La missione di Joannides
Joannides, venne nominato proprio come collegamento tra la CIA e il Congresso, pur avendo un chiaro conflitto di interesse. La sua funzione era ostacolare e deviare l’indagine, come affermato anche da ex membri del comitato investigativo, compreso l’avvocato capo Robert Blakey. Nonostante tutto, due anni dopo ricevette una medaglia per meriti di carriera da parte dell’Agenzia.
Le implicazioni politiche e istituzionali sono profonde: la deputata repubblicana Anna Paulina Luna, che supervisiona l’attuale riesame dei documenti, ha definito il coinvolgimento di Joannides un “insabbiamento al mille per cento”. Morley e altri analisti sostengono che è ancora prematuro affermare che Joannides abbia preso parte attiva nella pianificazione dell’omicidio, ma l’ombra di una gestione opaca da parte della CIA rimane netta.
Cosa può accadere adesso
Nel frattempo, un portavoce della CIA ha dichiarato che l’Agenzia ha “completamente rispettato” le direttive presidenziali di trasparenza emanate da Donald Trump, che nel 2017 ordinò la pubblicazione totale dei documenti relativi all’omicidio JFK, come previsto dal JFK Records Act del 1992. Tuttavia, gli osservatori non si aspettano che le rivelazioni si fermino qui: Morley e Luna prevedono ulteriori rilasci di documenti nei prossimi mesi, auspicando un chiarimento definitivo su uno degli episodi più oscuri della storia americana contemporanea.
Dopo decenni di smentite ufficiali, l’ammissione implicita del coinvolgimento di Joannides getta un’ombra lunga sull’integrità delle indagini condotte finora e mette in discussione la narrativa del “lupo solitario”. Se la CIA ha realmente occultato per anni informazioni rilevanti al Congresso e ai comitati d’inchiesta, come ora sembrano suggerire i documenti desecretati, ciò mina profondamente la credibilità delle conclusioni ufficiali, inclusa quella della Commissione Warren.
La gestione opaca di questo dossier da parte dell’agenzia rafforza le accuse di insabbiamento sistemico e alimenta la percezione che la trasparenza sia stata sacrificata in nome della sicurezza nazionale.
In un contesto in cui la fiducia pubblica nelle istituzioni è sempre più fragile, questa nuova luce sull’operato della CIA non solo riapre interrogativi sulla dinamica dell’omicidio Kennedy, ma impone anche una riflessione più ampia sul ruolo e la responsabilità delle agenzie di intelligence.