Cronaca internazionale

Il Kazakistan riparte da Tokayev

I kazaki sono stati chiamati alle urne il 20 di questo mese e hanno deciso, con un roboante 81,3%, di credere nella bontà del "nuovo Kazakistan" proposto da Kassym-Jomart Tokayev. Un exploit che sancisce l'ingresso definitivo del Kazakistan nell'era della seconda repubblica.

Il Kazakistan riparte da Tokayev

Il 2022 verrà ricordato dai posteri come l'anno spartiacque del Kazakistan indipendente. L'anno dell'ingresso nella maturità di una multinazione anagraficamente giovane, perché appena trentenne, eppure spiritualmente antica, giacché la sua storia affonda le origini nel mito di Turan e nelle imprese dei Turchi celesti.

L'ingresso del Kazakistan nella fase della maturità è stato traumatico, perché promanante dalla rivolta delle periferie di inizio anno, ma per nulla scontato: la classe dirigente, invero, avrebbe potuto optare per il silenziamento del dissenso e per l'inversione del processo di democratizzazione inaugurato nel dopo-Nazarbayev. Ma così non è stato. È avvenuto, anzi, il contrario: Kassym-Jomart Tokayev ha preso atto delle falle del modello socioeconomico sino ad allora perseguito e premuto l'acceleratore sulla riforma globale del sistema, dal mercato alla politica, ottenendo in cambio un secondo mandato popolare.

I kazaki dicono "sì" ai sogni di Tokayev

Tokayev, all'indomani della rivolta di inizio anno, aveva promesso alla cittadinanza un cambiamento complessivo del sistema Kazakistan: più democraticità dell'architettura istituzionale, più voce ai gradoni bassi della piramide del potere, più redistribuzione della ricchezza e più stato sociale. Un cambiamento rapido ma pragmatico, cioè da realizzare per tappe – dalle riforme in sede parlamentare agli appuntamenti referendari –, che, una volta completato, avrebbe condotto alla nascita di un "nuovo Kazakistan".

Fallire nella costruzione di una nuova nazione, più equa e democratica, avrebbe potuto e potrebbe ancora riaccendere il malcontento delle periferie. Scenario suscettibile di danneggiare in maniera (forse) irreversibile le relazioni tra classe dirigente e popolo, nonché di macchiare la reputazione internazionale di Astana – magnete che attrae il 70% di tutti gli investimenti diretti esteri in Asia centrale –, ergo da evitare ad ogni costo. E che la presidenza Tokayev ha provato ad evitare dando impulso alle riforme politiche, sociali ed economiche, riscrivendo la costituzione e, infine, rimettendosi nelle mani della cittadinanza a mezzo dell'annuncio di elezioni anticipate.

Elezioni anticipate; un rischio per i più scettici, una sfida superabile per il presidente. I sondaggi, del resto, confermavano da tempo il suo crescendo di popolarità presso l'opinione pubblica - l'87% dei kazaki, secondo il Central Asia Barometer, aveva un'opinione positiva del suo operato lo scorso maggio. Numeri corroborati dall'esito delle urne di novembre: riconfermato a capo dell'Ak Orda con l'81,3% delle preferenze.

L'alba di una nuova era?

Economia, identità, infrastrutture e sicurezza nazionale sono stati i temi principali dell'appuntamento elettorale e saranno, con tutta probabilità, anche i motivi conduttori della seconda presidenza Tokayev. Presidenza che pone ufficialmente fine alla Prima repubblica, durata esattamente un trentennio e baricentrata sulla persona di Nursultan Nazarbayev, e consacra l'ingresso del Kazakistan nella fase della maturità, della Seconda repubblica.

Tokayev aveva chiamato la cittadinanza alle urne perché voleva capire quanto esteso fosse il supporto popolare alla sua figura, ai suoi progetti e, in esteso, se e quanto le rivolte di inizio anno avessero inciso sull'affezione dell'opinione pubblica alla classe dirigente. Il risultato è una rassicurazione, perché 8 elettori su 10 hanno votato per lui, ma non è un'ipoteca sul futuro, perché il 30% degli aventi diritto ha preferito l'astensione. A Tokayev spetterà l'onere, dunque, di ravvicinare quell'importante fetta di popolazione che nei confronti della politica nutre sfiducia.

Se le prossime parlamentari, programmate per la prima metà del 2023, rafforzeranno le forze politiche che sorreggono Tokayev, la Seconda repubblica inaugurerà i lavori in serenità. Serenità propedeutica alla formulazione di agende politiche salubri e lungimiranti, perché non dettate dalla fretta e dalle pressioni dal basso, e suscettibile di avvicinare la visione del "nuovo Kazakistan" alla realtà. In palio ci sono lo status di motore dell'Asia centrale e, non meno importante, la prospettiva di capitalizzare le tensioni tra i blocchi nel quadro della competizione tra grandi potenze.

Perché nella visione di Tokayev, utopica ma pragmatica, il Kazakistan sarà potenza autocentrata o non sarà.

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