
Aneddoto divertente e recente: si sa, mai indossare il verde, almeno se andate in tv. In teatro dicono che porti sfortuna il viola, antica superstizione per attori ansiosi. Il verde invece non è superstizione: davanti a un green screen il colore ti cancella e rischi di diventare parte dello sfondo. È quello che è successo il 17 settembre a Liz Kendall, ministra della tecnologia britannica (paradossalmente proprio della tecnologia), ospite di Good Morning Britain: non è sparita del tutto, però un bel pezzo della sua camicetta è diventato Parlamento di Westminster, così per un poco meno di un minuto sembrava un collage mal riuscito, metà ministra metà palazzo. I conduttori hanno riso, hanno cambiato lo sfondo al volo e lei, con molta più grazia di quanta ne avrei avuta io, ha sorriso e ha detto che non lo rifarà e ha perfino scherzato sul fatto che le scarpe verdi per fortuna non si vedevano, altrimenti avrebbe avuto il premier ai suoi piedi. Io una scena simile l’ho vissuta in RAI, quando ancora andavo in televisione (cosa che oggi sarebbe impensabile, visto che non esco più di casa e sono diventato una specie di uomo invisibile per scelta, non voglio farmi vedere da nessuno, quindi la risposta è sempre un “no grazie”) quando mi invitarono a registrare un’intervista per il mio libro Scemocrazia (in realtà mi obbligò l’editore). C’era una libreria che non c’era: eravamo dentro uno studio triste e buio, con le luci fredde, il green screen dietro che sarebbe diventato libreria solo in post-produzione.
Mi chiesero di togliermi gli occhiali verdi siccome riflettevano la libreria inesistente e disturbavano l’illusione e ho avuto una discussione surreale con il regista, che parlava come se stesse girando Salvate il soldato Ryan, con indicazioni tecniche maniacali, movimenti di camera, tagli, inquadrature (tutto in romanesco, “spostate de là”, “ao, sbrigamose che devo annà a magnà”), e a un certo punto mi è uscito: “Sentite, fatevela da soli l’intervista” e ho preso e me ne sono andato e lo Spielberg de noantri è rimasto a bocca aperta. Perché se la libreria è finta, almeno i miei occhiali devono restare veri, sono la mia metonimia, e se i libri non ci sono non ci sono neanche io. (Non è stata l’unica volta: anche quando il mio libro Volevo essere Freddie Mercury fu presentato al Salone di Torino, io non andai, e c’era solo Giulia Bignami, mia coautrice, e una sedia vuota con sopra i miei occhiali, questa volta gialli. Quelli sì possono starci da soli, parlano da soli, io senza i miei occhiali no).
Ecco, Liz Kendall invece è rimasta lì, è scoppiata a ridere e è stata carina, d’altra parte è un ministro simpatico e tecnologico, non uno scrittore che odia le interviste e si sente dire ogni volta “ti diamo visibilità”, ma chi la vuole, io voglio l’invisibilità. Come diceva Flaubert: un autore deve dare alla posterità l’illusione di non essere mai esistito.
A proposito, se invece siete amanti della visibilità e vi invitano per parlare di qualsiasi cosa e non siete avvezzi al piccolo schermo, per evitare si sparire non evitate solo il verde, magari vi mettere un bel completo blu e dovete parlare davanti a un blue screen e vi resta solo la testa fluttuante a mezz’aria (sarebbe carino in realtà, dipende solo da che testa avete).