Cronaca internazionale

"Non possiamo fare una guerra civile". Ora parla Netanyahu

Il primo ministro israeliano ha annunciato in un discorso trasmesso in diretta televisiva la sospensione della riforma della giustizia

"Non possiamo fare una guerra civile". Ora parla Netanyahu

Benjamin Netanyahu ha apertamente parlato del rischio di guerra civile in Israele. Ed è per questo che ha quindi deciso di "congelare" la sua riforma della giustizia. Un rinvio, in attesa di nuovi confronti anche con l'opposizione per quella che secondo le intenzioni future del premier dovrebbe rappresentare "una riforma condivisa".

Il congelamento dell'iter parlamentare della nuova norma è costato però molto caro al capo dell'esecutivo. Per calmare le ire dell'estrema destra, Netanyahu ha dovuto promettere a Itamar Ben Gvir, leader di Potere Ebraico, l'istituzione di una nuova guardia nazionale.

Le parole di Netanyahu

Il primo ministro israeliano è stato messo alle strette. Il licenziamento del ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha esasperato gli animi. Una sorta di "linea rossa" che, una volta oltrepassata, ha causato la detonazione di tutte le tensioni delle ultime settimane. L'ex titolare della Difesa, uno dei ministero più importanti in Israele, è stato allontanato per le sue parole contro la riforma della giustizia. Le opposizioni sono subito scese in piazza.

A Tel Aviv tutte le vie principali, nel cuore della tarda serata di domenica, sono state bloccate. A Gerusalemme i manifestanti si sono avvicinati alla sede della Knesset e, al contempo, hanno gridato slogan in solidarietà a Gallant. Immagini e situazioni che senza dubbio hanno allertato Netanyahu. Ma ancor di più, hanno messo in allarme il presidente della Repubblica Isaac Herzog. Quest'ultimo ha scritto nero su bianco una nota al governo per consigliare il ritiro della legge.

Così è stato. "Bibi" ha vissuto gran parte delle stagioni politiche del suo Paese degli ultimi 30 anni. Mai aveva visto una situazione del genere. Forse aveva messo in conto delle proteste, le aveva indicate pochi giorni fa come un sintomo della maturità della democrazia israeliana. Ma non aveva previsto un contesto così grave.

Nel suo discorso di questo pomeriggio quindi, Netanyahu ha messo esplicitamente le carte in tavola. "Non sono pronto a spaccare a metà la Nazione - ha dichiarato il premier israeliano - Ora sto dicendo che non possiamo avere una guerra civile. Siamo sulla strada verso scontri pericolosi nella società israeliana, verso una crisi".

Dunque, per il momento niente riforma della giustizia. Tutto rinviato a dopo le festività della Pasqua ebraica, durante il quale il parlamento israeliano è chiuso. C'è quindi il tempo, o almeno così spera Netanyahu, di calmare le acque e provare intese più larghe. "Occorre dare tempo - ha proseguito - per un esame allargato nella prossima sessione parlamentare per raggiungere un'intesa".

Le reazioni delle opposizioni

L'obiettivo di Netanyahu sembrerebbe essere stato centrato. Almeno per il momento. I sindacati hanno interrotto gli scioperi iniziati questo pomeriggio. L'Histadrut, principale sigla sindacale israeliana, ha parlato di soddisfazione per la sospensione della riforma. E dunque aeroporti, ospedali, scuole e uffici riprenderanno le proprie attività normalmente.

Soddisfazione è stata espressa anche dall'opposizione. "Mi presenterò al dialogo, nella residenza del capo dello Stato Isaac Herzog, con cuore aperto e anima sincera", ha dichiarato Benny Gantz, uno dei principali volti dell'attuale opposizione. Il leader del principale partito di minoranza, Yair Lapid, ha fatto sapere di essere disposto al dialogo sotto l'egida del presidente Herzog.

Notti tranquille adesso per il premier? Difficile da dire. Il capo dell'esecutivo, per giungere all'attuale parvenza di serenità, ha dovuto fare delle concessioni all'estrema destra. Agli alleati cioè che, al contrario, erano pronti ad andare a oltranza verso lo scontro pur di approvare la riforma. Itamar Ben Gvir, ministro della Pubblica Sicurezza e leader di Potere Ebraico, ha strappato la promessa di vedersi messo a capo di una nuova Guardia Nazionale.

Altro motivo di possibile futuro scontro con l'opposizione e con parti dello stesso Likud, il partito di Netanyahu.

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